Due mesi dopo l’attentato ai suoi danni nel corso di un comizio in Pennsylvania, nel pomeriggio di ieri Donald Trump ha rischiato nuovamente la vita, stavolta in Florida. Mentre il tycoon stava giocando a golf, un uomo armato di AK-47, presumibilmente il 58enne Ryan Wesley Routh, ha esploso alcuni colpi, mancando però il suo bersaglio.
Trump, infatti, non ha riportato alcun tipo di ferita, mentre il presunto attentatore è stato arrestato poco dopo nelle vicinanze del golf club. Per la seconda volta consecutiva, dunque, il leader MAGA è riuscito a mettersi in salvo prima che la situazione degenerasse.
Per quanto assurdo possa sembrare, tuttavia, il candidato del GOP non è l’unico leader politico ad aver subito due attentati così ravvicinati tra loro. Per ritrovarsi di fronte ad uno scenario alquanto simile, bisogna tornare al settembre del 1975, quando il presidente Gerald Ford rischiò la vita in due occasioni nell’arco di 17 giorni. Il primo attentato ai danni del leader repubblicano si verificò a Sacramento, California, il 5 settembre di quell’anno.
Il presidente si trovava al Capitol Park, quando una giovane donna Lynette “Squeaky” Fromme, seguace di Charles Manson, gli si avvicinò puntandogli contro una Colt semiautomatica calibro 45. Fromme venne immediatamente neutralizzata dai servizi segreti, e passò i successivi 34 anni della sua vita in carcere, con l’accusa di aver tentato di assassinare il presidente, rimasto illeso dopo l’attacco.

Poco più di due settime dopo l’episodio di Sacramento, a San Francisco, Sara Jane Moore, contabile e madre divorziata di quattro figli, sparò contro Ford, che stava tenendo un discorso presso il St. Francis Hotel. Il colpo, l’unico esploso dalla donna con il suo revolver calibro 38, mancò il presidente di qualche metro. Subito dopo, Oliver Sipple, un veterano disabile della guerra del Vietnam, le afferrò il braccio e la tirò a terra.
La polizia di San Francisco aveva già avuto a che fare con Moore e la considerava una potenziale minaccia per il presidente. Due giorni prima del tentato omicidio, gli agenti la arrestarono dopo averle trovato un revolver calibro 44 nella borsetta e scatole di munizioni nell’auto. Nonostante l’avvertimento della polizia, dopo l’interrogatorio i servizi segreti rilasciarono la donna.
In passato, la Moore si era sottoposta a cure psichiatriche. In tribunale, la donna si dichiarò colpevole, nonostante i suoi avvocati stessero cercando di fare leva sulla sua presunta infermità mentale.
Sei anni più tardi, invece, fu il “turno” di Ronald Reagan, salvatosi miracolosamente dal proiettile esploso dal texano John Hinckley Jr., fermatosi a 25 millimetri dal cuore. Era il 30 marzo del 1981: dopo essere stato colpito all’esterno del Washington Hilton Hotel, il presidente venne trasportato d’urgenza in ospedale, dove restò per quasi un mese.