“Affronto questa nuova pagina con grande umiltà”. Così Michel Barnier, appena nominato primo ministro incaricato in Francia dal presidente Emmanuel Macron: dopo tanto penare, dopo la lunghissima ‘tregua olimpica’, l’inquilino dell’Eliseo si è deciso a conferire l’incarico per ridare al paese un governo dopo le disastrose elezioni che ha voluto convocare a fine giugno sciogliendo in anticipo il Parlamento. Macron gioca la carta Ue: Barnier, ex commissario europeo uscente, grande negoziatore con la Gran Bretagna sulla Brexit, di umiltà almeno di facciata avrà bisogno per convincere un Parlamento frammentatissimo a non votargli la sfiducia.
Se ci riuscirà, raccogliendo voti qui e lì (e certamente sia lui che Macron hanno fatto con attenzione i calcoli), poi avrà il problema di governare senza una maggioranza solida… ma un passo alla volta. Intanto, già diverse voci si levano a protestare il suo incarico, prima di tutto nella sinistra del Nuovo Fronte Popolare, la coalizione che de facto ha vinto le elezioni, e che ora parla di “governo di regime”.
L’intero pasticcio francese è responsabilità di Macron, su questo non c’è dubbio. Il presidente centrista, al secondo mandato, nel 2023 ha fatto infuriare i francesi con una legge che aumenta l’età pensionabile a 62 anni (gli italiani, che vanno in pensione a 67 anni, ci metterebbero la firma ma i francesi hanno un concetto diverso dei loro diritti). Questa legge è in gran parte il motivo per cui Ensemble, la coalizione di Macron, è arrivata terza alle elezioni europee di giugno. La sera stessa Macron ha convocato le legislative con una campagna di appena tre settimane. I partiti di sinistra si sono riuniti nel Nuovo Fronte Popolare (socialista, verdi, la sinistra radicale di La France Insoumise), e solo grazie al meccanismo a due turni il NFP è emerso vittorioso e l’estrema destra di Marine Le Pen (prima alle europee) è arrivata terza. Peccato che nessun gruppo si avvicini neanche da lontano alla maggioranza parlamentare.

Dopo la lunga “tregua olimpica” invocata da Macron per non turbare l’organizzazione dei Giochi di Parigi (dalla cerimonia inaugurale sulla Senna alla Maratona finale) i nodi sono venuti al pettine. Il presidente si è rifiutato di incaricare la candidata scelta dal NFP, poiché “non aveva speranza di passare in parlamento” e quindi a priori ha deciso che non doveva neppure provarci. Il tira e molla delle consultazioni è durato quasi due settimane, intervallato da una visita di Stato in Serbia.
Infine, oggi, Michel Barnier. 73 anni, uomo di grande esperienza di Europa e di trattative, ma conservatore; emerge dal partito I Repubblicani, cioè gli ex neogollisti dei presidenti Chirac e Sarkozy, oggi non solo molto ridimensionato – quarto alle legislative – ma spaccato perché una parte aveva accettato di sostenere i candidati del Rassemblement National di Le Pen, di norma considerati dei paria dai partiti tradizionali.
I socialisti e gli altri partiti di sinistra contestano la scelta, ma diverse formazioni per ora stanno prudentemente in silenzio. Ci sono voluti esattamente 60 giorni dalle elezioni a Emmanuel Macron per tirare fuori dal cilindro Barnier. Da Bruxelles, la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen esulta: “ha a cuore gli interessi dell’Europa”. Questo sì, ma per ora dovrà gestire gli interessi della Francia.
Primo, formare un governo che gli assicuri di passare lo scoglio della fiducia parlamentare. Qui il campo è tutto aperto: potrebbe essere un governo di unità nazionale, salvo che la sinistra tutta unita nel Nuovo Fronte Popolare difficilmente si spaccherà lasciando da parte La France Insoumise del radicale Mélénchon. Ma Barnier ci proverà. Poi, se tutto gli andrà bene, scrivere una difficile legge di bilancio e farla approvare. Poi, continuare a governare senza una maggioranza solida.
Nella nuova Assemblea Nazionale (la Camera dei Deputati; il Senato è espressione delle Regioni) il NFP ha 182 seggi, Ensemble di Macron ne ha 168, l’RN di Le Pen ne ha 143. 68 sono i neogollisti di Barnier e la maggioranza è la metà di 577 deputati, cioè 289. Qualunque combinazione sarà difficile. La posta in gioco è la stabilità della Francia.