Kamala o Donald? Mai come quest’anno la Silicon Valley sembra nettamente divisa sulla scelta del candidato presidenziale di riferimento. Secondo quanto riportato dal Wall Street Journal, il dissidio politico sta mettendo alla prova relazioni professionali e amicizie di lunga data in un settore che, fino a pochi anni fa, era una roccaforte progressista.
Potenti investitori come Marc Andreessen e Ben Horowitz hanno pubblicizzato il loro endorsement per Trump la scorsa settimana. Anche Elon Musk, CEO di Tesla e proprietario di X (ex Twitter), ha pubblicamente sostenuto Trump dopo l’attentato di metà luglio. L’uomo più ricco del mondo ha persino creato un super PAC per raccogliere donazioni per il candidato GOP.
L’allontanamento dalle storiche simpatie democratiche ha però innescato una reazione avversa tra coloro che continuano a sostenere il Partito Democratico, soprattutto ora che Harris, nativa della Bay Area di San Francisco, ha ottenuto la nomination presidenziale.
La tensione è inevitabilmente esplosa sui social media. Musk ha definito “fuori di testa” l’investitore tecnologico e democratico Vinod Khosla per le sue critiche all’ex presidente. In un altro scambio, Aaron Levie, CEO di Box e sostenitore di Harris, ha suggerito che l’investitore David Sacks deve essere “con la testa sulle nuvole” per appoggiare Trump.
Sam Singer, esperto di pubbliche relazioni con esperienza in campagne politiche democratiche, ha dichiarato al WSJ che “la Silicon Valley è molto tesa in questo momento a causa dei due schieramenti opposti di persone che fanno affari insieme”. “Si tratta di una situazione insolita”, ha aggiunto.
Le campagne di entrambi i candidati hanno ricevuto un sostegno finanziario significativo dai leader tech. A luglio, il comitato della campagna di Harris ha raccolto circa 204 milioni di dollari, contro i 47,5 milioni di dollari raccolti da Trump.

Harris ha già ottenuto endorsement pubblici da figure di spicco come Reid Hoffman e Reed Hastings, cofondatore di Netflix, che ha donato 7 milioni di dollari alla campagna dem. Anche l’ex Chief Operating Officer di Meta, Sheryl Sandberg, ha appoggiato l’ex procuratrice californiana con un post su Instagram – mentre altri leader tecnologici hanno contribuito al super PAC del Biden Victory Fund, ora rinominato Harris Victory Fund. Tra questi la vedova di Steve Jobs, Laurene Powell Jobs, il papà di OpenAI Sam Altman e il futuro capo di Paramount David Ellison.
Durante una raccolta fondi a San Francisco co-organizzata dal cofondatore di LinkedIn Reid Hoffman, la vice di Biden ha racimolato oltre 13 milioni di dollari. E il suo discorso di accettazione alla Convention Nazionale Democratica, che ha toccato temi come le opportunità per fondatori e imprenditori e l’innovazione in settori come l’intelligenza artificiale, è stato ben accolto dai suoi fan della Silicon Valley.
Di opinione opposta i sostenitori di Trump, scettici riguardo alle posizioni di Harris sul tech e timorosi su possibili aumenti fiscali per i ricchi e per le aziende, così come ostacoli normativi per industrie emergenti come le criptovalute. Anche per questo motivo il miliardario venture capitalist Chamath Palihapitiya e David Sacks hanno organizzato una raccolta fondi per Trump a San Francisco lo scorso mese.
Le lavoratrici del settore tecnologico, a loro volta, hanno creato organizzazioni come Tech4Kamala, VCs for Kamala e Founders for Kamala per mobilitare il sostegno per Harris. “Stiamo assistendo a una polarizzazione senza precedenti”, ha dichiarato Edda Collins Coleman, cofondatrice di Tech4Kamala.
Molti leader tecnologici invece hanno scelto il silenzio, consapevoli che a prescindere da chi arriverà alla Casa Bianca, bisognerà mantenere buoni rapporti con tutti. Tra questi c’è Mark Zuckerberg, fondatore e CEO di Meta, non esattamente un simpatizzante di Trump, che però non ha ufficialmente sostenuto nessuno dei due candidati.
Anche Mark Pincus, cofondatore di Zynga, che in passato ha donato a cause democratiche, ha annunciato che non sosterrà nessuno dei due candidati in queste elezioni. “Crediamo così profondamente che la nostra parte sia giusta da giudicare moralmente l’altra parte”, ha scritto su LinkedIn. “Siamo andati tutti troppo oltre”.