Israele: un paese diviso, spezzato, frantumato. O meglio, per essere precisi, un pezzo di Israele, la componente ebraica, ossia quasi l’ottanta per cento della popolazione, diviso in due. Qualcuno, tra gli analisti locali più preoccupati, parla di guerra civile alle porte. L’uccisione dei sei ostaggi dell’assalto del 7 ottobre 2023 dai loro carcerieri e il ritrovamento dei loro corpi ha sconvolto la maggioranza degli israeliani ma tutti i media locali ammettono che reazioni e proteste non hanno riunito tutti gli ebrei israeliani. Una parte, forse crescente della popolazione, chiede un accordo a ogni costo con Hamas per il ritorno a casa degli altri ostaggi; per gli altri la guerra deve andare avanti secondo le indicazioni di Netanyahu, della sua destra messianica, fascista, e di chi è vorrebbe vedere nel conflitto un modo per seppellire per sempre l’idea stessa di uno stato palestinese accanto a Israele. E tanto meno pensa a uno stato unico per i due popoli in lotta.
In un’analisi questa mattina sul quotidiano di sinistra Ha’aretz, Ravit Hecht sottolinea che Israele, dopo il 7 ottobre – parliamo di quasi un anno fa – “era sotto shock”. I sondaggi indicarono un completo crollo del sostegno a Netanyahu e al Likud. “Da allora è stato versato molto sangue e Netanyahu è riuscito non solo a riprendere il controllo del Likud, ma ha riconquistato la fiducia della destra ideologica e si è posizionato come la sua vera voce per il mondo in generale”.
Nemmeno l’antico, una volta potente sindacato (Histadrut) è riuscito a bloccare oggi per più di qualche ora il paese. Con lo sciopero generale ha fermato, per appena due ore, il traffico in partenza dall’aeroporto Ben Gurion; molti servizi pubblici hanno ridotto l’attività anche loro per poche ore e soltanto in alcune città. Dopo le manifestazioni fiume di domenica sera, poche migliaia di persone hanno aderito ai cortei odierni, forse spaventati dalla dura reazione delle forze dell’ordine, ai feriti anche gravi, agli arresti voluti dai capi della destra ai quali Netanyahu concede quasi pieni poteri come compenso ai loro sostegno al suo governo. E, concordano una metà degli ebrei israeliani, al suo vero progetto: ossia evitare i processi vari per corruzione e la probabile galera.
La politica interna sta trasformando Israele e – dicono molti ebrei israeliani e della diaspora – sta modificando la moralità ebraica tradizionale. Del codice d’onore delle forze armate, per anni sventolato in faccia a chi osava criticare l’Idf, non è rimasto molto. I video filmati in questi mesi da soldati israeliani testimoniano, spesso, i crimini di guerra di cui si rendono colpevoli.
Oggi la tv araba al Jezeera ha mandato in onda una video ripresa da una casa di Jenin in Cisgiordania: nella strada, un mezzo militare passava tranquillo sul corpo di un arabo ottantenne disarmato a cui i soldati avevano sparato pochi minuti prima. Non una parola sui media israeliani. Come vengono praticamente ignorate le cifre dei morti palestinesi nella striscia di Gaza: 40, 50, 70 al giorno e si è arrivati ormai a oltre quarantamila sotto le bombe e i cannoneggiamenti israeliani dal 7 ottobre 2023.
Ci sarà mai la pace tra Israele e il mondo palestinese? I più ottimisti tra gli israeliani, ebrei e arabi, dubitano. E guardano alle nuove violente operazioni militari israeliane in Cisgiordania, che sembrano indicare che Netanyahu e i suoi sostenitori dentro e fuori del governo stanno puntando all’esplosione del territori occupati, per giustificare la distruzione delle comunità palestinesi nel territorio occupato e la cacciata degli abitanti oltre il fiume Giordano.
Anni fa, anche molti dei leader della sinistra israeliana sostenevano che lo stato palestinese esisteva già: il regno hascemita di Giordania. Oggi, ammettono anche alcuni giornali americani, le nuove massicce operazioni militari in Cisgiordania sembrano indicare una direzione precisa. E senza le armi americane, scrive Yossi Melman, profondo conoscitore dei servizi segreti israeliani e del mondo degli armamenti, Israele non avrebbe potuto portare avanti il proprio progetto distruttivo per 11 mesi. E non potrebbe continuare sulla stessa strada.