Un negoziato tra Russia e Ucraina prima delle elezioni presidenziali statunitensi. L’indiscrezione, rilanciata dall’agenzia di stampa italiana ANSA, arriva da un’alta fonte diplomatica europea secondo cui sia Mosca che Kyiv potrebbero esservi spinte da una crescente pressione diplomatica e dalle rispettive difficoltà economiche.
“Il ritardo nella consegna degli aiuti militari può essere facilmente percepito dagli ucraini come una spinta verso i negoziati con la Russia”, ha dichiarato il funzionario, aggiungendo che “si rende ora necessaria una via d’uscita dalla guerra, perché i soldi stanno finendo”. “Ma l’Ucraina vuole una chiusura alle sue condizioni. Ecco allora l’offensiva di Kursk, per avere qualcosa da negoziare con Mosca, visto che potrebbe essere costretta ad avviare le trattative prima delle elezioni americane”, prosegue.
Scenari futuribili a parte, la guerra prosegue e anzi aumenta d’intensità. Nell’ultima settimana, le forze ucraine hanno colpito due depositi di petrolio all’interno del territorio russo, mentre Mosca ha lanciato il suo terzo grande attacco aereo sull’Ucraina con oltre 200 missili e droni che hanno provocato blackout diffusi in diverse regioni ucraine e aumentato i timori in vista dell’inverno.
Preoccupazioni che non affliggono la sola Ucraina ma anche buona parte d’Europa, i cui Paesi continuano a ricevere una parte di gas russo proprio attraverso le infrastrutture di Kyiv.
Da Bruxelles, dove è in corso una riunione informale dei ministri degli Esteri dei Paesi UE, il capo-diplomatico di Kyiv Dmytro Kuleba ha nuovamente esortato gli alleati occidentali a rimuovere le restrizioni sull’uso delle armi a lungo raggio fornite al Paese aggredito, in modo da permettere all’Ucraina di colpire più all’interno dei confini russi e con più armi.

“Da aprile abbiamo chiesto più sistemi Patriot,” ha detto Kuleba, “ma alcuni non sono ancora stati consegnati.” Le forze ucraine, d’altra parte, stanno facendo ampio uso di droni d’attacco a lungo raggio per colpire obiettivi in profondità nel territorio russo, tra cui depositi di armi e impianti petroliferi.
L’Unione Europea ha intanto ricevuto la prima tranche di 1,5 miliardi di euro di beni russi congelati all’estero, che verranno impiegati per finanziare forniture di armi e munizioni per l’Ucraina e per predisporre scorte energetiche per l’inverno. La parte iniziale del piano prevede l’allocazione di 50 miliardi di dollari entro la fine dell’anno sui 300 miliardi complessivi a disposizione.
Sul fronte diplomatico, rimane intanto alta la tensione tra Russia e Stati Uniti dopo che giovedì Mosca ha aggiunto 92 persone alla sua lista di cittadini statunitensi a cui è vietato l’ingresso nel Paese est-europeo. Nella blacklist figurano numerosi giornalisti di New York Times, Washington Post e Wall Street Journal, oltre a diversi funzionari governativi.
Il Ministero degli Esteri russo ha giustificato la decisione come una risposta al “corso russofobico” perseguito dall’amministrazione Biden, il cui obiettivo dichiarato sarebbe quello di “infliggere una sconfitta strategica a Mosca.”
Tra i giornalisti colpiti dal divieto c’è anche Emma Tucker, caporedattrice del Wall Street Journal, che si è strenuamente battuta per la liberazione del suo corrispondente Evan Gershkovich, imprigionato in Russia per oltre un anno prima di essere rilasciato in uno scambio di prigionieri avvenuto a inizio mese ad Ankara.
Un portavoce del Journal ha bollato come “ridicolo” l’attacco di Putin alla libertà di stampa, sottolineando come la lista dei giornalisti banditi rappresenti un esempio dell’accanimento del regime contro la verità. La scorsa settimana Washington aveva annunciato nuove misure contro oltre 400 entità accusate di sostenere lo sforzo bellico russo – principalmente aziende con sede in Europa, Asia e Medio Oriente accusate a vario titolo di aggirare le sanzioni occidentali e di star aiutando Mosca fornendole tecnologia a scopo bellico.