Più di 70 bambini ormai sono nati da uteri trapiantati. “È un mondo completamente nuovo”, ha dichiarato Giuliano Testa, responsabile dei trapianti addominali del Baylor University Medical Center di Dallas. Testa, padovano di nascita, nel 2018 è stato nominato il “chirurgo più influente” al mondo dalla rivista Time.
Il primo trapianto di utero in tempi moderni risale all’inizio del nuovo millennio e non ebbe successo: 99 giorni dopo fu necessario rimuovere l’organo necrotico. Il primo trapianto che ebbe successo invece risale al 2011. Ci sono voluti però altre tre anni per il primo parto di un bambino da un utero trapiantato.
Nell’ultimo decennio dunque oltre settanta bimbi sono nati in tutto il mondo da uteri trapiantati. Quasi un terzo (per ora 22) proprio in Texas, al Baylor, sotto la guida di Testa e della direttrice medica dei trapianti uterini Liza Johannesson. L’équipe del padovano ha pubblicato uno studio che analizza le prime venti pazienti del centro: tutte erano in età riproduttiva ma non avevano utero, per più nate senza l’organo, ma avevano almeno un ovaio funzionante. La maggior parte degli organi proveniva da donatrici vive, due da donatrici decedute. Per quattordici di queste donne il trapianto ha avuto successo, e tutte loro hanno avuto almeno un figlio.
“È un successo straordinario e volevo renderlo pubblico” ha detto Liza Johannesson, co-autrice dello studio. “Vogliamo che sia una possibilità per tutte le donne che ne hanno bisogno”.
I sei trapianti che non hanno avuto successo appartengo al primo gruppo di 10 donne sottoposte all’intervento e il fallimento dipende probabilmente dalle tecniche operatorie (suture, connessione dei vasi sanguigni).
In molti però sollevano obiezioni di ordine etico di fronte al trapianto di utero, tanto più che ovviamente crea anche nelle donne transgender la speranza che il progresso medico consenta in futuro anche a loro di avere un utero funzionante. Per questo però saranno necessari lunghi studi animali: come reagisce un utero impiantato in un ambiente ormonale diverso e modificato? Anche fra le donne cisgender, sono necessarie ricerche più a lungo termine su donatrici, riceventi e i bambini nati dagli uteri trapiantati. “Il nostro scopo” dice Johannesson “è pubblicare tutti i dati”.
L’infertilità che dipende dall’assenza dell’utero (perché la donna è nata senza o dopo una isterectomia) colpisce circa una donna su 500 al mondo. Non sono numeri trascurabili. La bioetica insiste sulle altre possibilità (l’adozione, la maternità surrogata, che peraltro in Italia si sta cercando di definire come “reato universale”).