Ravil Mingazov è stato rimpatriato in Russia, dopo aver trascorso gli ultimi 22 anni nelle prigioni americane, prima a Bagram, in Afghanistan, poi a Guantanamo, ed infine negli Emirati Arabi. A darne notizia, è stato il figlio Yusuf: quest’ultimo ha raccontato che il cinquantaseienne è stato lasciato senza alcun preavviso fuori casa della madre, che è rimasta sconvolta quando se lo è visto davanti dopo tutti questi anni.
Mingazov era fuggito dalla Russia nel 2000, a causa delle persecuzioni contro la sua fede religiosa: l’uomo, infatti, è musulmano. Per anni, i suoi difensori hanno ribadito che un suo ritorno in patria avrebbe sicuramente messo in pericolo la sua vita. Tuttavia, dopo il suo rientro dagli Emirati Arabi, dove viveva in un regime di isolamento, i suoi avvocati e la sua famiglia sembrano alquanto ottimisti. “Spero che Ravil possa vivere la sua vita in pace, e che possa riprendersi con i suoi cari e con e gli amici”, ha dichiarato Gary Thompson, legale di Mingazov.
“Sono molto felice che sia finalmente libero, ma allo stesso tempo non sono contento che abbiano agito in questo modo”, ha invece affermato Yusuf, “Non sappiamo ancora se sia al sicuro lì o meno”. Nel 2016, Mingazov, che non è mai stato accusato di alcun crimine, è stato uno dei 23 detenuti inviati dall’amministrazione Obama negli Emirati Arabi Uniti, perché non poteva essere rimpatriato in sicurezza nel suo Paese di origine.
In alcuni casi, l’alternativa degli EAU è dovuta a problemi di instabilità o di sicurezza. Nel caso di Mingazov, si trattava di un timore credibile di persecuzione e tortura. Il 56enne e il suo avvocato credevano che l’accordo bilaterale segreto negoziato dai funzionari del Dipartimento di Stato e dagli Emirati Arabi avrebbe garantito una vita di libertà, reintegrazione e riabilitazione nel piccolo Paese a maggioranza musulmana. L’accordo avrebbe incluso disposizioni per impedire ulteriori trasferimenti in nazionu in cui i detenuti corrono rischi credibili come la tortura.
Invece di ricevere le cure necessarie, però, tutti gli uomini sono stati collocati in un altro complesso carcerario simile a quello di Guantánamo, e tenuti in isolamento per anni. Alla fine, gli Emirati Arabi Uniti hanno espulso tutti i detenuti, ad eccezione di Mingazov. Almeno fino alla scorsa settimana.
I gruppi di difesa hanno sensibilizzato l’opinione pubblica sulla sua situazione per decenni. Ciononostante, Mingazov è rimasto in isolamento per tutti i sette anni di permanenza negli Emirati Arabi. Non ha avuto accesso a un avvocato e le telefonate alla sua famiglia sono state interrotte, e poi negate del tutto, quando ha iniziato a parlare delle sue condizioni, ha spiegato il figlio.
Tuttavia, il detenuto ha sempre rifiutato di essere rimpatriato, nonostante le ripetute assicurazioni dell’ambasciatore russo negli EAU che “non sarebbe stato perseguitato”.