Salendo le scalette dell’aereo che li ha portati a Mosca, Sofia, 11 anni, e il fratellino Daniel, di 8 anni, devono essersi chiesti che cosa c’entrassero loro con il resto dei passeggeri. Spie, sicari, e criminali di vario genere – tutti diretti verso est dopo uno storico scambio di prigionieri con gli Stati Uniti compiutosi ad Ankara.
Poco prima di raggiungere l’aeroporto Vnukovo, sono stati i genitori a svelargli la sconvolgente verità: è stata tutta una colossale menzogna. Ossia che mamma e papà non si chiamavano “Maria Mayer” e “Ludwig Gisch”, e che non erano una coppia argentina trapiantata in Slovenia. Anna Dultseva e Artem Dultsev erano piuttosto due spie russe sotto copertura dell’SVR arrivate a Buenos Aires solo nel 2012 e poi stabilitesi a Lubiana nel 2015.
E così, mentre Vladimir Putin li accoglieva con un sorriso e un mazzo di fiori, i due bambini, che non parlerebbero una parola di russo e a malapena saprebbero identificare il Paese più grande del mondo su una cartina geografica, pensavano tra se e se: “Chi è quel tizio che ci ha dato i fiori?”.
Sofia e Daniel sono cresciuti in Argentina, parlando spagnolo (Putin li ha salutati con un “Buenas noches“) e, una volta arrivati in Europa, frequentando una scuola internazionale di Lubiana. I loro genitori sembravano una coppia normalissima: Mayer/Dultsev gestiva una galleria d’arte online e Gisch/Dultseva era a capo di un’azienda informatica.
In gergo si chiamano “spie residenti illegali“, ossia agenti speciali addestrati a imitare perfettamente la lingua e le abitudini di altri Paesi, vivendo all’estero sotto copertura per anni, a volte decenni (soprattutto negli Stati Uniti). L’esistenza sotto copertura dei Dultsev è finita però nel dicembre 2022 dopo una soffiata da parte di un’agenzia di intelligence alleata. Si dice che fossero così ben integrati che amici e vicini si sarebbero a lungo rifiutati di credere alle accuse, prendendosela piuttosto con i giornalisti.
Dopo l’arresto dei genitori, Sofia e Daniel erano stati affidati a famiglie adottive fino allo scambio di prigionieri del 1° agosto che li ha riportati in Russia. “Quando ho visto la guardia d’onore dall’aereo, ho iniziato a piangere,” ha raccontato Anna Dultseva in un’intervista concessa in tempi record alla TV di Stato russa. Artem ha aggiunto che, durante la prigionia, la coppia non aveva mai dubitato del fatto che Putin e i servizi segreti li avrebbero riportati a casa.
A prendere peggio la rivelazione sarebbe stata Sofia, piangendo un po’, mentre Daniel avrebbe reagito più serenamente. Per entrambi ora il futuro è un’incognita: adattarsi a una lingua e cultura che è propria solo sul passaporto sarà una sfida enorme, per di più senza poter rivedere gli amici di Lubiana.
La famiglia Dultsev è solo l’ultima di una lunga serie di “famiglie sotto copertura” che hanno dovuto rivelare ai propri figli il loro vero mestiere solo a copertura saltata. Don e Ann Heathfield – psuedonimi di Andrei Bezrukov ed Elena Vavilova – lo hanno dovuto dire nel 2010 ai figlioletti Tim e Alex, che credevano di essere canadesi e vivevano a Cambridge, in Massachusetts. Uno shock probabilmente simile a quello provato dal figlio della coppia pseudo-peruviana formata da Juan Lazaro (Mikhail Vasenkov) e sua moglie Vicky Pelaez (Lyudmila): a squarciare il velo di Maya della loro doppia vita newyorkese è stata l’FBI nello stesso anno.