Il Dipartimento di Giustizia ha arrestato Asif Merchant, 46 anni, di origine pakistana, con l’accusa di aver stretto legami con il governo iraniano per compiere attentati a politici di spicco americani, fra cui anche l’ex presidente Donald Trump. Al momento è tenuto in custodia dall’FBI.
Secondo i documenti giudiziari pubblicati martedì, Merchant sarebbe arrivato a New York lo scorso aprile per organizzare gli omicidi e ingaggiare dei sicari – pagandoli cinquemila dollari in anticipo – affinché portassero a termine il piano tra la fine di agosto e l’inizio di settembre. Era alla ricerca anche di una donna per “fare ricognizioni” e altre 25 persone che fingessero “una protesta come distrazione dopo l’attentato”. Il 46enne è stato tradito da un confidente a cui si è rivolto appena atterrato per trovare le reclute.
NEW: DOJ announces it has charged a Pakistani national w/ ties to Iran in a plot to assassinate current & former US government officials on US soil in retaliation for the Soleimani killing. DOJ says Asif Merchant flew to the US in April after spending time in Iran, then traveled… pic.twitter.com/Hjp0L90BVT
— Bill Melugin (@BillMelugin_) August 6, 2024
Merchant sarebbe dovuto rientrare in Pakistan prima degli attentati, ma è stato arrestato il 12 luglio poco dopo aver incontrato i presunti mercenari, che in realtà erano agenti dell’FBI sotto copertura. Negli atti ufficiali sono riportate le dichiarazioni del 46enne, che sostiene di voler colpire i politici statunitensi perché “stanno danneggiando il Pakistan e il mondo musulmano”. Si legge anche che il “lavoro” non era un’occasione unica, ma un movimento che ne avrebbe anticipati altri.
Il caso è stato seguito dall’FBI nelle settimane precedenti al tentativo di assassinio di Trump durante un comizio a Butler, in Pennsylvania, da parte di Thomas Matthew Crooks. Le autorità hanno riferito a CNN che non hanno trovato prove che dimostrino un collegamento fra Merchant e il ventenne americano o un piano internazionale più ampio. Ma non sarebbe il primo tentativo dall’Iran di vendicarsi sull’ex presidente per l’attacco di un drone statunitense lanciato nel 2020 che ha ucciso il generale di alto livello del Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche, Qasem Soleimani.