Kamala Harris ha annunciato che non presiederà al discorso del primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, previsto mercoledì al Senato in seduta congiunta.
La vicepresidente e candidata presidenziale dem in pectore sarà a Indianapolis per un evento elettorale, secondo quanto confermato da un suo assistente. La fonte ha specificato che l’assenza non deve essere interpretata come un cambiamento di posizione riguardo a Israele, ma piuttosto è da imputare alla fittissima agenda elettorale della 59enne dopo l’uscita di scena di Joe Biden.
Netanyahu è da tempo nell’occhio del ciclone dell’opinione pubblica e della politica mainstream USA per la brutalità dell’assedio israeliano dell’enclave palestinese. Molti democratici hanno deciso di boicottare il discorso, considerandolo come un tentativo del leader israeliano di rafforzare la fragile posizione politica interna usando il Congresso come palcoscenico. Al contrario, i repubblicani hanno fatto quadrato attorno al premier dello Stato ebraico, arrivando persino a minacciare l’arresto per chiunque tenti di disturbare l’evento.
Oltre a Harris, anche il senatore Patty Murray ha declinato l’invito a presiedere la sessione, lasciando che a farlo sia il senatore Ben Cardin, presidente della Commissione per le Relazioni Estere. Una scelta non casuale: Cardin, di origine ebraica e prossimo al ritiro, è visto come una figura di equilibrio in uno scenario altrimenti irto di pericoli politici.
La vicepresidente ha più volte espresso preoccupazione per le modalità impiegate da Israele nella guerra contro Hamas – e in Israele c’è chi pensa che la prima donna presidente alla Casa Bianca, se eletta, potrebbe adottare una linea più dura contro Tel Aviv di quanto fatto da Biden.
“Israele ha il diritto di difendersi, ma è importante in che modo lo fa”, aveva detto Harris a dicembre. “Troppi innocenti palestinesi sono stati uccisi. Francamente, la portata della sofferenza civile e le immagini e i video provenienti da Gaza sono devastanti.”
Il rifiuto di Harris riaccende riflettori sulle profonde fratture all’interno del Partito Democratico. Da una parte, c’è chi sostiene fermamente il diritto dello Stato ebraico a difendersi con ogni mezzo contro Hamas e i suoi alleati filo-iraniani. Dall’altra, cresce l’insofferenza per le tattiche di Netanyahu e per la crisi umanitaria che sta devastando Gaza.
E si racconta che Biden stesso, prima di annunciare il suo ritiro (e prima di ammalarsi di Covid-19), avrebbe pianificato un viaggio in Texas proprio nel giorno del discorso di Netanyahu. Il bilaterale tra i due, previsto per martedì, è stato spostato a giovedì proprio in ragione della convalescenza di Biden.
Più di 39.000 palestinesi sono stati uccisi durante l’assalto israeliano seguito all’attacco di Hamas del 7 ottobre, che ha visto la morte di circa 1.200 israeliani e la cattura di oltre un centinaio di ostaggi. Biden, pur sostenendo formalmente Israele, ha ripetutamente criticato Netanyahu in merito all’entità degli aiuti umanitari fatti affluire a Gaza – uno scontro che ha raggiunto l’acme con la temporanea sospensione della consegna di alcune armi USA.