Satira, polemica, e una serie imprecisata di frecciatine ai democratici. Si potrebbe riassumere così il comizio che Donald Trump ha tenuto sabato sera a Grand Rapids, in Michigan, il primo dopo essere scampato a un attentato una settimana fa – e dopo aver accettato formalmente la nomination repubblicana alla Convention GOP di Milwaukee, giovedì.
La manifestazione, tenutasi stavolta al coperto nella Van Andel Arena, ha visto un ingente dispiegamento di forze di polizia e agenti del Secret Service. Scene significativamente diverse da quelle di Butler, Pennsylvania, dove il 20enne Thomas Matthew Crooks era riuscito a penetrare il perimetro off limits, ferendo Trump e uccidendo un sostenitore. La polizia stavolta era presente in maniera capillare ad ogni angolo di strada per diversi isolati, mentre gli agenti della scorta sorvegliavano dall’alto.
Davanti a una folla esultante, Trump ha criticato i democratici senza mezzi termini, descrivendoli come un partito acefalo. “Non sanno nemmeno chi sarà il loro candidato”, ha ironizzato il magnate newyorkese, che è sembrato tornare nella sua comfort zone scandita da toni duri e retorica divisiva. Ad esempio definendo l’ex speaker della Camera Nancy Pelosi una “cagna” e Joe Biden un “debole”.
L’occasione di tornare sulla presunta incapacità fisica di Biden e sulla confusione democratica su chi si presenterà al voto di novembre era troppo ghiotta, e Trump non se l’è evidentemente lasciata scappare. “Non hanno idea di chi sarà il loro candidato”, ha ripetuto Trump. Che è apparso paradossalmente sostenere la candidatura dello storico nemico Joe definendo “nemici della democrazia” i fautori di un cambio a capo del partito. “Lui prende i voti e ora vogliono portarglieli via,” ha detto Trump. “Pelosi si è rivoltata contro di lui come una cagna. È pazza come una cimice,” ha aggiunto tra l’ilarità del pubblico.
Di tenore diametralmente opposto le opinioni su Trump sui leader di Cina e Russia, i due principali antagonisti globali di Washington. Il 78enne newyorkese sostiene di andare d’accordo con Xi Jinping, una persona “brillante” che “governa 1,4 miliardi di persone con il pugno di ferro e fa sembrare gente come Biden dei principianti”. Xi, come Putin e altri autocrati, sono stati definiti dal tycoon “gente intelligente e tosta” che “ama il proprio Paese”, e che servirebbe qualcuno che difendesse l’America in maniera simile.
L’ex presidente non ha poi mancato di rievocare l’attentato subito a Butler, fonte non solo di una ferita sull’orecchio destro ma di ripercussioni psicologiche più profonde. “Spero di non dover mai più passare attraverso una cosa del genere, così orribile” ha detto l’ex presidente. Il ricordo dell’attacco è stato reso ancora più vivido dal racconto del suo ex medico, Ronny Jackson, secondo cui sarebbe bastato mezzo centimetro più a destra per uccidere il candidato GOP.
Trump ha infine criticato il controverso progetto politico “Project 2025“, che tra le altre cose prevede di rafforzare i poteri presidenziali, riempire l’amministrazione federale con sostenitori di Trump e cancellare la Fed. La strategia, messa a punto dalla Heritage Foundation è stata pubblicamente sconfessata da Trump come eccessivamente estrema.
Il comizio ha segnato poi l’esordio del nuovo candidato alla vice-presidenza, il senatore J.D. Vance dell’Ohio, scelto per consolidare il sostegno degli elettori della classe operaia negli Stati del Midwest. E c’è voluto davvero poco prima che Vance conquistasse la folla con il racconto delle sue umili origini nell’Ohio rurale, della tossicodipendenza della madre, dell’arruolamento nei Marine, e del successo imprenditoriale. Impiegandoli come prologo del piatto forte, ossia gli insulti. Rivolti soprattutto alla vice-presidente Kamala Harris, ritenendo la sua esperienza politica insignificante rispetto alla carriera militare-imprenditoriale di Vance. “Cosa ha fatto lei oltre a incassare lo stipendio dei suoi incarichi politici?” ha chiosato Vance, ricevendo boati di approvazione.
La scelta stessa di Grand Rapids, in uno swing state come il Michigan, sottolinea la strategia di Trump di sgombrare qualsiasi possibile ostacolo tra i repubblicani e la Casa Bianca. Un percorso che, complici le dinamiche interne del Partito Democratico, sembra sempre più in discesa.