A una settimana dall’attentato a Donald Trump durante un suo comizio a Butler, in Pennsylvania, la prima ricostruzione del profilo dell’attentatore Thomas Matthew Crooks, 20 anni, lascia spazio ancora a tantissime domande. Più si va a fondo nelle indagini, più sembrano allontanarsi le vere motivazioni dell’attacco.
Duecento le persone interrogate per il momento e le indagini, risultato del lavoro combinato di Secret Service e FBI, sembrano condurre all’ennesimo ragazzo americano, simile a tanti altri, che per noia, fanatismo o pazzia sono stati i protagonisti di sparatorie di massa negli Stati Uniti. Crooks era perlopiù un solitario con pochi amici intimi, intelligente, appassionato di armi – andava spesso a sparare in un poligono vicino a casa sua – e poco interessato alla politica, ma più al colpire un personaggio di spicco.
Diverse volte Crooks aveva cercato su internet il nome del presidente Joe Biden e quello del candidato repubblicano Donald Trump, fino a scoprire che quest’ultimo avrebbe fatto un rally proprio vicino a casa sua. Secondo gli agenti federali, il ragazzo, che si ipotizza ambisse alla notorietà, pensava già a un attacco che nessuno aveva commesso da decenni e la vicinanza e le tempistiche del comizio a Butler potrebbero essere state un’opportunità irripetibile per lui. Ma non è chiaro se il ventenne avesse intenzione di estendere l’attentato anche a Biden.
Nella cronologia delle ricerche più recenti è emersa anche quella sull’ultima sparatoria di massa in Michigan del 2021, dove Ethan Crumbley è entrato nel liceo che frequentava e ha ucciso quattro compagni di classe. A differenza di Crumbley, però, Crooks mirava solo a colpire Trump, non altre persone del rally, sebbene avesse nello zaino dell’esplosivo pronto, stando a quanto riportano i federali. A sostenere questa tesi il fatto che i proietti sparati si sono concentrati solo sull’ex presidente e che il giovane era meno carico di altri assalitori.