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Von der Leyen rieletta alla guida dell’Ue, ma Meloni vota contro

Riconfermata presidente del governo Ue, Fratelli d'Italia abbandona la "tentazione" moderata

Alessandra QuattrocchibyAlessandra Quattrocchi
Von der Leyen rieletta alla guida dell’Ue, ma Meloni vota contro

Ursula von der Leyen, a nominee for a second term as president of the European Commission reacts at the European Parliament in Strasbourg, eastern France, on July 18, 2024. Ansa/ Afp/Federick Florin

Time: 5 mins read

Ursula von der Leyen è stata rieletta a capo della Commissione europea dal Parlamento europeo a Strasburgo, e, per gli appassionati di politica italiana, senza i voti di Fratelli d’Italia; il partito della premier Giorgia Meloni non si è nemmeno astenuto, ha direttamente votato contro. E questa per l’Italia è una decisione molto importante.

Outgoing European Commission President and candidate for re-election Ursula von der Leyen attends a plenary session of the European Parliament in Strasbourg, France, 18 July 2024. Ansa/EPA/RONALD WITTEK

La tedesca è delle poche personalità ad assumere un secondo mandato alla guida del governo europeo da quando l’elezione avviene direttamente coi voti dell’Europarlamento, cioè dal 1979.  Von der Leyen ha avuto 401 voti, ben oltre la soglia necessaria dei 360, e nonostante la minaccia dei franchi tiratori (il voto è segreto): a votarla i tre grandi gruppi europeisti, cioè i conservatori Popolari (cui appartiene), i socialisti europei e i liberali di Renew (il gruppo del presidente francese Emmanuel Macron). Ma sono stati fondamentali anche i 53 voti dei Verdi (Greens/Efa), che von der Leyen ha corteggiato prima, e ringraziato poi. Proprio qui si vede il distacco della presidente da Giorgia Meloni, con cui aveva cercato di tessere alleanze negli ultimi mesi.

Eppure, Meloni ha commentato in tono pacificatorio a fine giornata: “Questo ovviamente non comprometterà la collaborazione che il governo italiano e la Commissione europea hanno già dimostrato di saper portare avanti su molte materie come ad esempio la materia della migrazione. E voglio approfittare per fare comunque auguri di buon lavoro a Ursula von der Leyen. In ultimo non ho ragione di ritenere che la nostra scelta possa in alcun modo compromettere il ruolo che verrà riconosciuto all’Italia nella Commissione europea”. RIncara la dose invece il vicepremier italiano e leader della LEGA Matteo Salvini che su Instagram ha attaccato parlando di rielezione di von der Leyen possibile grazie all'”ennesimo inciucio” e di “schiaffo a colpi di nuove tasse green, sbarchi e guerra”.

Vediamo cosa è successo, a partire da un discorso di quasi un’ora di von der Leyen prima del voto davanti all’Eurocamera.

General view of the hemicycle during voting to elect the European Commission President at a plenary session of the parliament in Strasbourg, France, 18 July 2024. Ansa/EPA/RONALD WITTEK

Ci sono alcuni passaggi che meritano l’analisi: “L’Europa che conosciamo dalla fine della seconda guerra mondiale, con tutti i suoi difetti, è comunque la miglior versione nella storia. Non resterò in disparate a guardarla fare a pezzi dall’interno o dall’esterno”. Le minacce esterne: in primo luogo la Russia con la sua invasione dell’Ucraina. E quelle interne: proprio i partiti dell’estrema destra che predicano l’euroscetticismo. Ma von der Leyen ha anche chiesto “un’Europa più forte che produca giustizia sociale e che aderisca agli obiettivi del Green Deal europeo con pragmatismo, neutralità tecnologica e innovazione”.

È qui che la presidente mostra le sue carte, e abbraccia le promesse di politiche green fatte nel suo primo mandato,  quelle che anche molti conservatori dei Popolari avrebbero voluto ridimensionare, e che Giorgia Meloni con il suo gruppo ECR (Conservatori e riformisti europei) avrebbe voluto smantellare. Fra le cose che a Meloni non vanno giù (come a molti industriali europei) c’è l’obiettivo di produrre a partire dal 2035 solo auto elettriche in Europa.

Von der Leyen ha anche parlato di investimenti per le piccole e medie imprese, sulla falsariga del rapporto sul Mercato Unico stilato dall’ex premier italiano Enrico Letta, e ha promesso anche un Commissario (ministro) europeo responsabile degli alloggi per contrastare la crisi abitativa (un’altra richiesta dei Verdi). Ha parlato di lotta alla violenza contro le donne e al salary gap. Focus su Russia e Ucraina, con una bordata diretta al premier ungherese Viktor Orbàn: “Due settimane fa un premier europeo è andato a Mosca. Non una missione di pace ma una ricerca di compromesso a caro prezzo”: il termine che usa è appeasament, come la politica che il governo britannico usò inutilmente verso Mussolini e Hitler sperando di evitare la guerra. Ma parla anche di Gaza: “voglio essere chiara, il bagno di sangue deve finire subito”.

Ursula von der Leyen e Giorgia Meloni

E infine l’immigrazione, il tema al centro dell’alleanza con Meloni degli ultimi mesi, con viaggi congiunti a Lampedusa e in Tunisia. Nel suo discorso, von der Leyen ha detto che bisogna “fare di più per difendere le nostre frontiere esterne”. La migrazione insomma resta un problema, non un’opportunità; d’altra parte in Europa nessuno, tranne l’estrema sinistra, pare disposto a pensarci come questione da affrontare sul lungo periodo tramite politiche di accoglienza.

Questo il quadro. Le altre due nomine fra i “top jobs”, sono il portoghese socialista Antonio Costa, già nominato presidente del Consiglio europeo (cioè il summit dei capi di Stato e di governo), e l’alta rappresentante per la Politica estera dell’Unione, Kaja Kallas, che deve essere ancora confermata dal Parlamento.

Adesso si apre la partita delle nomine dei Commissari, i “ministri” del governo Ue. Ne spetta uno a ciascuno dei 27 paesi membri e tutti sgomitano per i loro candidati. Meloni per appoggiare von der Leyene chiedeva oltre a concessioni sul fronte del Green Deal, anche un posto di rilievo con deleghe economiche per Raffaele Fitto, il suo ministro per gli Affari europei, membro del suo partito. Alla fine, l’Italia potrebbe forse avere un Commissario per il Mediterraneo.

 

Cosa significa allora per l’Italia questo 18 luglio? Intanto, che la presidente del Consiglio, fra l’adesione al suo elettorato di destra e la svolta verso strategie più centriste; decisione che – qualunque cosa lei dica – viene ampiamente criticata da molti commentatori come nociva per l’Italia. Per esempio sul Corriere della Sera, Sabino Cassese scrive che il voto “non assicura la tutela dell’interesse nazionale italiano ad avere nella Commissione il peso che uno dei tre paesi grandi fondatori dell’Europa potrebbe aspettarsi”, mentre un altro editoriale di Paolo Valentino scrive “Meloni ha scelto di non entrare definitivamente nel mainstream europeo, pur di non sganciarsi dal fronte sovranista che ha puntato tutto sull’arrivo di Trump alla Casa Bianca”.

E poi, che le decisioni di questi giorni pesano anche sulla tenuta del governo italiano, spaccato su tre fronti.

I due vicepremier di Meloni, Antonio Tajani e Matteo Salvini, appartengono a partiti che siedono in gruppi diversi a Bruxelles. Forza Italia di Tajani – l’ex partito di Berlusconi – è nel PPE di von der Leyen. Che Meloni abbia votato contro la presidente è fonte di imbarazzo per Tajani, che ha tessuto per mesi la mediazione. Dall’altro estremo, Salvini e la sua Lega siedono nel nuovo gruppo parlamentare “Patrioti”. Il nome dice già tutto: euroscettici per definizione, accolgono i membri dell’RN di Marine Le Pen in Francia ma anche gli spagnoli di Vox fin qui alleati di Meloni, e numerosi partiti euroscettici e sovranisti più o meno grandi.  Vi siede anche il Fidesz ungherese di Viktòr Orban, quello stigmatizzato da von der Leyen per la sua docilità verso Vladimir Putin.

Con 84 eurodeputati, i Patrioti sono il terzo gruppo più grande dell’Eurocamera dopo Popolari e Socialisti. Come dire che relegano in un angolo il gruppo ECR di Giorgia Meloni. Si può dire che questi sono problemi che nascono e finiscono a Bruxelles e, come ripetono i tre protagonisti, che nulla di tutto ciò intacca la solidità del governo…  Fuori da un’ottica miope, è ovvio che quel che succede in Europa ha inevitabili ripercussioni sulle politiche nazionali. Per esempio, ogni volta che si tratterà di applicare in Italia le decisioni della Commissione contro cui Meloni e Salvini oggi si sono schierati.

Intanto  l’eurodeputato Roberto Vannacci, il generale eletto con una valanga di voti per la Lega, è stato considerato troppo estremista anche per i Patrioti: per lui non ci sarà la carica di vicepresidente del gruppo.

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Alessandra Quattrocchi

Alessandra Quattrocchi

Giornalista e scrittrice, si occupa di politica nazionale e internazionale, cultura, società lingua e letteratura Alessandra Quattrocchi is a journalist, essayist, videomaker and storyteller. She deals mainly in politics, literature and the arts.

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