Venerdì 15 luglio, all’età di 73 anni nella sua casa a Long Beach in California, si è spento l’artista italo-americano Bill Viola pioniere della videoarte.
Viola era da tempo ammalato di Alzheimer, una condizione che aveva bloccato la sua attività artistica che, comunque, continua a esistere attraverso le opere che ci ha lasciato.
Al centro della sua poetica vi sono gli elementi naturali, principalmente l’acqua e la dimensione spirituale che coinvolge il buddismo zen, il sufismo islamico e il misticismo cristiano. L’arte di Viola è digitale e quindi immateriale e “fluida” come i pensieri, i sentimenti e le sensazioni che egli rappresenta fondendo pittura, suono, prosa e racconto con un ritmo lento e intenso di grande impatto estetico.
Nato nel Queens, a New York, visitò l’Italia per la prima volta all’età di vent’anni, dopo aver studiato musica e pittura, lavorando a Firenze presso lo studio Art/Tapes/22, il primo centro di produzione video in Italia negli anni Settanta. In questo periodo Viola lavorò con artisti come Mario Merz, Giulio Paolini, Jannis Kounellis, tra i massimi esponenti dell’avanguardia del periodo a livello internazionale.
In Italia, Viola è ritornato più volte per le sue mostre a Villa Panza di Varese nel 2012, a Palazzo Strozzi di Firenze nel 2017 e più di recente al Palazzo Reale di Palermo nel 2021 e al Palazzo Reale di Milano nel 2023, rappresentato, perché impossibilitato per la malattia, dalla moglie Kira Perov che è stata anche sua collaboratrice artistica.
Tra le sue opere più rappresentative ricordiamo The Space Between the Teeth del 1976, video sulle dinamiche psicologiche e i fenomeni acustici generati dall’urlo di un uomo che avanza metaforicamente in un corridoio buio. Un’altra è The Reflecting Pool, creato tra il 1977 e il 1979 e incentrato sull’elemento acqua, in cui cattura il momento in cui si passa dall’immobilità al movimento attraverso il frame di un tuffo che sembra rimanere sospeso nel tempo riflettendosi all’infinito nell’acqua come un ricordo perpetuo e “cristalizzato”.
Uno dei suoi lavori più rivoluzionari è la serie Martyrs del 2014 in cui esplora la condizione umana della sofferenza e resilienza attraverso le figure dei 4 martiri rappresentate mediante gli elementi aria, acqua, fuoco e terra per sottolineare il significato dell’essere presenti a se stessi rimanendo forti anche in condizioni di dolore estremo sia fisico che mentale.