È salito ad almeno 20 morti – tra cui almeno 15 agenti di polizia -, oltre a una trentina di feriti, il bilancio di una serie di attentati terroristici coordinati avvenuti domenica sera nel Daghestan, regione a maggioranza musulmana della Russia meridionale.
Intorno alle 18:00 ora locale, alcuni assalitori armati non ancora identificati hanno preso di mira due chiese ortodosse e due sinagoghe nella capitale Makhachkala e a Derbent, centro di circa 120.000 abitanti sulle rive del Mar Caspio. Video amatoriali pubblicati su Telegram mostrano la sinagoga in fiamme: l’edificio ebraico è stato completamente distrutto dal fuoco, ha poi confermato Boruch Gorin, presidente del consiglio pubblico delle Comunità Ebraiche della Russia.
Tra le quattro vittime civili ci sarebbe anche il sacerdote 66enne Nikolai Kotelnikov. L’uomo sarebbe stato ucciso a coltellate, secondo quanto riferito da Shamil Khadulaev, presidente della Commissione di Monitoraggio Pubblico del Daghestan. Anche una guardia di sicurezza della chiesa ortodossa di Makhachkala sarebbe rimasta uccisa nel blitz, ha riferito Khadulaev. Il Ministero dell’Interno del Dagestan ha dichiarato che 19 persone si sono rifugiate all’interno della chiesa di Makhachkala e sono state successivamente portate in salvo.
Secondo una portavoce del Ministero dell’Interno del Dagestan, in un secondo momento “alcuni sconosciuti hanno sparato su un’auto della polizia” nella piazza centrale del villaggio di Sergokal, situato a circa 65 chilometri da Makhachkala, ferendo almeno un agente di polizia. Parallelamente, un gruppo di assalitori ha attaccato un altro gruppo di poliziotti a Makhachkala. Almeno un ufficiale di polizia è stato ucciso e altri sei sono rimasti feriti nello scontro a fuoco seguito all’attacco, secondo il Ministero dell’Interno della regione.
“Questa sera, a Derbent e Makhachkala, degli ignoti hanno tentato di destabilizzare la nostra società”, ha dichiarato domenica il presidente del Daghestan, Sergej Melikov, in un video condiviso su Telegram. Melikov si è detto certo che dietro gli attacchi terroristici ci sarebbero non meglio precisati “legami” con la guerra in Ucraina.
“Dobbiamo capire che la guerra arriva anche nelle nostre case. Lo abbiamo sentito, ma oggi lo affrontiamo sulla nostra pelle,” le parole di Melikov, che ha promesso che le autorità cercheranno “tutti i membri di queste cellule dormienti che hanno preparato [gli attacchi], anche all’estero”, ha aggiunto.
Nella serata di domenica e fino alla mattinata di lunedì, le autorità hanno dichiarato uno stato di allerta e lanciato una vasta operazione antiterrorismo, chiudendo tutte le strade di accesso (e di uscita) a Derbent e Makhachkala. Il ministero dell’Interno del Daghestan ha quindi riferito che la polizia ha ucciso quattro degli attentatori a Makhachkala e due a Derbent.
“Dopo la neutralizzazione delle minacce alla vita e alla salute dei cittadini, è stato deciso di terminare l’operazione antiterroristica in Dagestan dalle 08:15,” ha dichiarato il Comitato Nazionale Anti-Terrorismo.
Le autorità locali hanno dichiarato tre giorni di lutto, da lunedì 24 fino a mercoledì 26 giugno.
Alle prime luci dell’alba la polizia ha arrestato l’ex pugile Magomed Omarov, membro del partito “Russia Unita” e capo del distretto di Sergokalinsky nel Daghestan: tre dei suoi figli avrebbero partecipato agli attentati, secondo la polizia.
“I terroristi hanno dimostrato ancora una volta la loro vera natura, spregevole e codarda”, ha scritto sul suo canale Telegram il leader ceceno Ramzan Kadyrov. “Quello che è successo sembra una vile provocazione e un tentativo di causare discordia tra le confessioni”.
Il presidente russo Vladimir Putin ha espresso la sua vicinanza ai feriti e alle famiglie delle vittime, ha dichiarato lunedì l’addetto stampa del Cremlino Dmitrij Peskov, aggiungendo che Mosca non teme una recrudescenza degli attentati di matrice islamica comparabile a quella dei primi anni 2000.
L’agenzia di stampa statale TASS, citando una fonte delle forze dell’ordine, sostiene che “i terroristi che hanno condotto gli attacchi a Makhachkala e Derbent sono affiliati a un’organizzazione terroristica internazionale”, senza specificare quale. I militanti jihadisti del Dagestan sono notoriamente vicini al gruppo dello Stato Islamico attivo in Siria e Iraq. Nel 2015, l’ISIS ha stabilito una propria “provincia” autonoma nel Caucaso settentrionale, dedita ad agevolare attentati da parte di “lupi solitari” e occasionalmente pianificare attentati. Ad aprile il servizio di sicurezza federale russo (FSB) ha arrestato quattro persone proprio in Daghestan con l’accusa di aver organizzato l’attentato omicida al Crocus City Hall di Mosca a marzo, nel quale hanno perso la vita 145 persone.
Il Dagestan confina ad est con la Cecenia, dove le autorità russe si sono scontrate con milizie separatiste in due guerre brutali, prima nel 1994-1996 e poi nel 1999-2000. Da allora in tutto il Caucaso settentrionale – ed occasionalmente in quello meridionale – si sono verificate decine di attentati terroristici che hanno causato la morte di numerosi civili e poliziotti russi.