Batti e ribatti: il premier israeliano Benjamin Netanyahu aveva accusato gli Stati Uniti di “trattenere” armi e munizioni promesse al suo paese, in un polemico video social che era un attacco aperto all’amministrazione Biden e definiva “inconcepibile” la decisione. Marcia indietro: con un post su X, Netanyahu ha annunciato che le armi “stanno per essere spedite in Israele”, a quanto gli ha detto l’ambasciatore Usa in Israele Jack Lew.
Dopo l’attacco del premier israeliano gli Stati Uniti avevano cancellato una riunione chiave con Israele che si sarebbe dovuta svolgere a Washington ed avere come focus principale il programma nucleare dell’Iran. L’intera vicenda dimostra la tensione fra Washington e lo Stato ebraico, ma anche l’imbarazzo della Casa Bianca nella gestione di un rapporto sempre più soggetto a scrutinio e sempre più delicato in questi ultimi mesi di campagna elettorale presidenziale, mentre l’offensiva israeliana a Gaza contro Hamas continua a infuriare e mietere vittime civili. Una parte dell’elettorato critica la presidenza democratica perché continua a rifornire Israele di armi anche mentre insiste per il suo piano di cessate-il-fuoco. Ma Biden non può rinunciare ai voti dei moderati – ebrei e non – che ritengono sacrosanta la lotta israeliana contro gli estremisti, a qualunque costo.
Intanto la popolazione palestinese a Gaza muore e soffre la fame. Il coinvolgimento statunitense nella guerra, scoppiata dopo l’irruzione efferata del 7 ottobre di Hamas in terra israeliana, mostra le corde anche nella vicenda del “molo mobile” che l’esercito Usa ha creato sulla spiaggia di Gaza per aiutare i rifornimenti di cibo e di materiale umanitario, visto che Israele lasciava entrare col contagocce i camion dai varchi via terra all’ingresso di Gaza.
Il molo, che avrebbe dovuto consentire l’arrivo delle casse via mare da Cipro tramite una complessa operazione di sbarco, non ha mai funzionato a pieno regime e in realtà è stato in funzione solo una decina di giorni su un mese: ha subito danni a causa del mare grosso, è stato fermo per riparazioni, ma anche per problemi di sicurezza. Considerando che è costato mesi di lavoro per migliaia di soldati, e 230 milioni di dollari, non un risultato brillante. Secondo le associazioni umanitarie in servizio a Gaza, potrebbe essere smantellato settimane prima del previsto.
Al momento il flusso degli aiuti via terra è diventato più consistente: Israele permette l’ingresso di una maggiore quantità di camion. Ma la situazione umanitaria per gli abitanti sballottati e bombardati della Striscia resta tragica.
A Ginevra, intanto, la commissione internazionale indipendente d’inchiesta delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati ha emesso un nuovo rapporto. Il suo capo Navanethem (Navi) Pillay, ha accusato le autorità israeliane di sterminare i palestinesi nella Striscia di Gaza: “In relazione alle operazioni militari e agli attacchi israeliani a Gaza, iniziati il 7 ottobre, concludiamo che le autorità israeliane sono responsabili di crimini di guerra, crimini contro l’umanità e violazioni del diritto umanitario internazionale e degli standard sui diritti umani, compreso lo sterminio di massa, attacchi deliberati contro civili e strutture civili”, ha dichiarato Pillay al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite.
Pillay ha anche accusato Israele di usare la fame come metodo di guerra, di sfollamento forzato, di persecuzione di uomini e ragazzi palestinesi basata sul genere, di violenza sessuale e di genere “equivalente a tortura” e di trattamenti crudeli e inumani.
La commissione dell’Onu ha anche condannato l’operato di Hamas a partire dalla strage del 7 ottobre del 2023: “In relazione all’attacco del 7 ottobre 2023 in Israele, la Commissione ha ritenuto che Hamas e altri gruppi armati palestinesi sono responsabili dei crimini di guerra di aver diretto intenzionalmente attacchi contro civili, di omicidio o uccisione intenzionale, di tortura, di trattamenti inumani o crudeli, di distruzione o impossessarsi dei beni di un avversario, oltraggiare la dignità personale e prendere ostaggi”.
Davanti alla Commissione è arrivata anche l’accorata denuncia dell’israeliana Meirav Leshem Gonen, madre di Romi Gonen, ragazza di 23 anni catturata da Hamas al Nova Festival il 7 ottobre. “La sparizione forzata degli ostaggi da parte di Hamas costituisce un trattamento crudele e inumano sia verso gli ostaggi che verso i loro familiari. Questa realtà è stata completamente trascurata dalla commissione d’inchiesta”, ha affermato Gonen.