Accusa tutto e tutti. Una “truffa giudiziaria”, una “parodia della giustizia” ha detto l’ex presidente Donald Trump, in un intervento durato mezz’ora, nella hall della Trump Tower, con il traffico bloccato sulla Quinta Avenue.
Fuori, sul marciapiede, dall’altra parte della strada, decine di sostenitori con cartelli e bandiere MAGA lo hanno incoraggiato, applaudito, pianto. Alcuni erano arrivati nella notte per prendere un posto di fronte all’ingresso della Trump Tower.
Carico di livore, Trump ha detto che il processo in cui è stato riconosciuto colpevole di 34 capi di imputazione “è stato manipolato” da Biden. Ha definito il giudice Juan Merchan “un tiranno” e il “diavolo”, “in totale combutta con la Casa Bianca e il Dipartimento della Giustizia”. “Viviamo in uno Stato fascista. Se possono fare questo a me, possono farlo a tutti”.
Se l’è presa con i giurati che lo hanno riconosciuto colpevole. Ha accusato Michael Cohen, il suo ex avvocato e testimone chiave: “Ha fatto tutto lui. Lui ha dato i soldi. Io non l’ho rimborsato per quella storia, ma gli ho coperto quelle che erano normali spese legali, era tutto legittimo. È stato un processo farsa. Volevo un cambio di sede dove avrei potuto avere un processo equo e non l’ho avuto. Con i miei avvocati volevamo cambiare giudice, uno che non fosse in conflitto di interessi. […] Avrei voluto testimoniare. Volevo farlo, ma i miei avvocati mi hanno detto che era rischioso perché, se avessi detto qualcosa di inesatto, sarei stato denunciato per falso”.
Non una parola di rimorso, nessuna ammenda, solo disprezzo per tutti quelli che non lo giustificano o approvano il suo operato. Lui e i suoi fedelissimi MAGA si sentono soli contro tutti e meditano la vendetta.


“Il principio americano secondo cui nessuno è al di sopra della legge è stato riaffermato”, ha dichiarato il presidente Joe Biden, commentando la condanna. “Trump avrà la possibilità di fare appello contro la sentenza, come chiunque altro: così funziona il sistema della giustizia americana” che dura da 250 anni e costituisce “la pietra miliare della nostra società civile. È pericoloso e irresponsabile affermare che il processo era truccato solo perché non è piaciuto il verdetto”, ha concluso.
Donald Trump è ora il primo ex presidente americano condannato in un processo penale e anche il primo candidato presidenziale a correre come pregiudicato, uno status che comunque non gli impedisce di essere eletto e fare il commander in chief.
Tutto da vedere ora l’effetto che questa condanna avrà sulla campagna elettorale, in un duello testa a testa che potrebbe essere deciso da poche migliaia di preferenze negli Stati “indecisi”. Secondo i sondaggi, una larga fetta di elettori moderati e indipendenti non è disposta a votare un candidato che abbia precedenti penali.

Per ora l’ex presidente resta a piede libero, fino a quando l’11 luglio il giudice Merchan pronuncerà la condanna. Trump rischia un massimo di 4 anni di carcere ma è molto improbabile che una persona anziana (ha 77 anni) e incensurata rischi di finire dietro le sbarre. Ci sono poi le complicazioni logistiche di dover prevedere agenti dei Servizi Segreti in prigione per difenderlo. In ogni caso, i suoi avvocati hanno già detto che faranno appello e quindi ci vorranno mesi, se non anni per la conclusione della vicenda. Di sicuro, la valanga di insulti con cui ha quotidianamente bersagliato Merchan che ora lo dovrà giudicare, non è stata una decisione saggia.
I trumpiani hanno mal digerito la condanna. L’esercito di Donald Trump è pronto a mettere a ferro e fuoco il Paese per vendicare il suo leader. In uno scenario da film apocalittico, il giorno dopo la prima sentenza di colpevolezza contro un presidente nella storia americana, i siti pro-tycoon sono stati inondati da minacce di violenza senza precedenti. La rabbia ha oscurato la ragione.

I siti web on line dei MAGA hanno affermano che il verdetto di colpevolezza è una dichiarazione di guerra. Alcuni sostenitori hanno invocato attacchi ai giurati, altri “l’esecuzione del giudice e l’uccisione di tutti i liberal negli Stati Uniti”. “Un milione di uomini armati deve andare a Washington e impiccare tutti. Questa è l’unica soluzione”, scrive su Patriots.win. un seguace dell’ex presidente. Un altro aggiunge: “Trump sa che ha un esercito disposto a combattere e morire per lui”. Ma ci sono anche le star del movimento MAGA, blogger e autori di podcast con centinaia di milioni di follower, che hanno dato il via a una campagna di intimidazione e minacce. “Il sistema giudiziario è stato strumentalizzato, non ci resta altra scelta se non quella di prendere in mano la situazione”, ha scritto su Telegram l’estremista di destra Stew Peters scatenando i suoi follower che hanno risposto alla chiamata esortando a “dare fuoco” ai tribunali. Il fondatore di Turning Point Usa, Charile Kirk, ha invitato su X “a sconfiggere questi selvaggi che hanno compiuto un assassinio legale”. Il cospirazionista Jack Prosobiec ha definito gli avversari di Trump “disumani”, mentre il podcaster Tim Pool parla di guerra alle istituzioni. Ma non solo le frange più estreme sono scese in difesa di Trump. Lo speaker della Camera, Mike Johnson, che era andato in tribunale per esprimere la sua solidarietà all’ex presidente durante il processo, ha detto che “la Corte Suprema dovrebbe intervenire. Penso che metteranno le cose a posto, ma ci vorrà un po’ di tempo. Conosco personalmente molti di loro, penso che siano profondamente preoccupati per la fiducia nel sistema giudiziario statunitense”, ha aggiunto riferendosi ai nove magistrati della Corte Suprema federale.