L’aviaria dalle mucche agli uomini: un terzo caso di influenza aviaria per contagio dalle mucche da latte a un uomo è stato registrato nel Michigan, confermando il passaggio dell’aviaria ai mammiferi e agli uomini. Lo rivelano i Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie, i CDC. Dopo un primo caso in Texas, siamo a due casi in Michigan – in un allevamento diverso da quello del secondo caso, registrato pochi giorni fa. Ma soprattutto, l’ultimo ammalato oltre a un occhio infetto con lacrimazione come i due precedenti, presenta anche sintomi respiratori, tra cui mal di gola, tosse e congestione, ma senza febbre.
La presenza di sintomi respiratori preoccupa perché potrebbe portare ulteriori contagi per via aerea, che è il modo in cui il virus dell’influenza si trasmette fra esseri umani. Fino adesso, però, non ci sono indizi di casi di trasmissione fra esseri umani e non si sa se questo virus sia in grado di farlo; la famiglia di virus H5 non contagia facilmente gli umani e secondo le autorità federali Usa il rischio per la salute pubblica resta “basso”.
Il virus viene trasmesso da bovino a bovino a quanto pare non per via respiratoria, per fortuna, ma attraverso il latte infetto – facilitato dai sistemi di mungitura automatici che possono facilmente ferire le mammelle delle vacche. La pastorizzazione del latte neutralizza il virus, e quindi si consiglia in tutti i paesi di consumare solo latte pastorizzato (cioè riscaldato per uccidere i patogeni). Il latte in vendita è pastorizzato per legge, quindi il consumo di latte nella popolazione generale dovrebbe essere sicuro.
Il dipartimento dell’Agricoltura statunitense all’inizio di maggio ha reso noto che le analisi eseguite su campioni di carne tritata provenienti dagli Stati interessati dall’infezione sono risultati tutti negativi per il virus H5N1. Tuttavia invita i cittadini alla prudenza e a “maneggiare correttamente le carni crude e cuocere a una temperatura interna sicura”, per uccidere batteri e virus.
L’epidemia dell’influenza aviaria, nome in codice H5N1, ha sterminato decine di milioni di volatili, principalmente polli e galline abbattuti dopo aver riscontrato la presenza del virus negli allevamenti. Fin dal 2003 erano stati registrati casi sporadici di contatto con gli umani, ma la variante che circola dal 2020, nello scorso mese di marzo ha fatto il cosiddetto “spillover” o “salto di specie” verso specie di mammiferi che sembravano immuni, in particolare i milioni di bovini negli allevamenti degli Stati Uniti, ma anche le capre e i gatti.
La trasmissione del virus agli allevamenti è preoccupante perché potrebbe aumentare esponenzialmente il rischio di contagio, e perché mentre la malattia crea pochi danni nei bovini, la mortalità negli esseri umani pare essere altissima perché non abbiamo anticorpi. Fra il 2003 e il 2024 gli esseri umani colpiti sono stati 889 con 463 decessi in 23 paesi del mondo, cioè un tasso di mortalità del 50%. Le tre persone contagiate da bovini negli Stati Uniti però non hanno avuto conseguenze mortali.