Uno scenario nuovo, una pista non battuta, una serie di indizi che alla fine potrebbero costituire la prova. Quinto scenario atto secondo è il libro che in questi giorni sta scuotendo l’opinione pubblica italiana. Parla di Ustica e indica un nuovo responsabile e un nuovo movente. L’autore, Claudio Gatti, è un giornalista di inchieste sensazionali: dallo scandalo Oil for food, alla denuncia del rischio dei derivati un anno prima che scoppiasse la bolla nel 2008, alla scoperta della vera identità di Elena Ferrante nel 2016, al saggio su Salvini del 2019 in cui dimostrava come alcuni gruppi dell’estrema destra italiana avrebbero avuto un ruolo nello sviluppo dell’ideologia della Lega Nord e dei suoi legami con la Russia.

A Ustica Gatti aveva dedicato la sua attenzione già 30 anni fa con il libro Il quinto scenario I missili di Ustica, e già allora aveva indicato la nuova pista, ma né la politica, né la magistratura, né i parenti delle vittime avevano prestato troppa attenzione. Ora torna sull’argomento con maggiori indagini e maggiori prove. Che dimostrerebbero la responsabilità israeliana nell’attacco dell’aereo Itavia, scambiato per un tragico errore con un aereo cargo francese diretto in Iraq che doveva trasportare uranio arricchito per il programma nucleare di Saddam Hussein, minaccia esistenziale per lo Stato di Israele.
I fatti. Il 27 giugno del 1980 l’aereo Dc9 Itavia 870 con a bordo 81 persone parte dall’aeroporto di Bologna con quasi due ore di ritardo, direzione Palermo. Dopo le 20.59 l’aereo scompare dai radar, inabissandosi nel Tirreno. Dopo 44 anni non si è ancora arrivati alla verità. Nonostante 19 sentenze penali e civili. Le piste battute sono state italiana, americana, libica e francese, spiega Gatti che le ricorda.
A lanciare lo scenario francese fu l’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga con due interviste ed una deposizione al Tribunale di Roma nel 2008 smentite da una deposizione, allo stesso tribunale, di Giuliano Amato allora sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio.
Lo scenario italiano è crollato perché i soli caccia italiani dotati di missili a testata attiva erano gli F-104 della Difesa aerea, ma nessuno era in volo quella sera.
Quello americano si basava sul presupposto che dalla portaerei Saratoga fossero partiti i Phantom. Ma era in porto a Napoli e non nel mezzo del Mar Tirreno e quella sera nessun caccia della US Navy o Air Force era decollato per volare nella zona di Ustica. Anzi, furono proprio quattro esperti americani, Lund, Macidull, Sewell e Amlie a parlare per primi di scenario di guerra.
Allora si supponeva che il bersaglio fosse un aereo libico con Muammar Gheddafi a bordo, ma non ci sono indizi di un volo del leader quel 27 giugno e l’ipotesi potrebbe invece essere frutto proprio della propaganda libica nel quadro della polemica contro gli Stati Uniti e i rischi della presenza militare delle superpotenze nel Mediterraneo, come spiega in due missive l’Ambasciatore a Tripoli Giorgio Reitano, missive recuperate da Gatti.
I precedenti. Nessuna forza aerea del mondo ha mai compiuto un agguato aereo contro un velivolo civile con a bordo un bersaglio considerato nemico, spiega l’autore di Quinto scenario atto secondo dopo aver consultato una esperta di tecniche e storia militare. Eccetto gli Israeliani.

Nel 1956, alla vigilia della Crisi di Suez, l’intelligence israeliana scoprì che il generale Amer, comandante supremo delle forze armate egiziane, avrebbe volato, insieme all’intero Stato maggiore, da Damasco al Cairo. Le autorità diedero ordine di abbattere il velivolo, ma il generale non era a bordo, aveva cambiato piani, nell’aereo c’erano sedici ufficiali e giornalisti egiziani e due membri dell’equipaggio. Tutti uccisi.
Nel 1985 gli israeliani provarono di poter condurre una missione sul Mediterraneo senza essere visti dai radar. Bombardarono il quartier generale dell’OLP a Tunisi nel 1985, con 10 caccia F-15, due aerei cisterna, un Boeing che aveva agito da posto di comando, e due aerei spia Hawkeye che avevano il compito di disturbare i radar. Ci sono stati anche altri episodi che Gatti elenca in cui gli israeliani hanno affidato alla loro Forza Aerea missioni con un rischio tale da sconsigliare qualunque altro paese dal prenderle in considerazione.
Il movente. Nella seconda metà degli anni ’70, l’Iraq, unico paese arabo a non aver accettato la tregua con Israele, aveva firmato accordi di cooperazione nucleare con la Francia e l’Italia. Israele era convinto che il programma avesse uno scopo clandestino militare e l’allora Primo Ministro e comandante supremo delle forze armate, Menachem Begin, era “pronto a tutto” per impedire che Saddam Hussein ottenesse la bomba atomica. Nel 1979 il Mossad riesce a sabotare i noccioli dei reattori destinati in Iraq a Seine-sur-Mer, vicino Tolone. Ma i francesi li riparano e li spediscono in Iraq. Begin allora pensa di bombardare l’intero centro nucleare iracheno di Al Tuwaitha, ma l’operazione avrebbe potuto scatenare una guerra di tutto il mondo arabo dietro all’Iraq. 13 giorni prima del disastro di Ustica il Mossad intercetta a Parigi Yaya Al-Mashad, lo scienziato di Saddam inviato per verificare la qualità dell’uranio, vuole scoprire le date della spedizione e presumibilmente lo tortura prima di ucciderlo. A questo punto l’unica soluzione, nella ricostruzione di Gatti, potrebbe essere colpire l’aereo che trasporta l’uranio. Aereo che potrebbe essere stato erroneamente identificato con il Dc9 Itavia.

La prova. Un serbatoio ausiliario sub-alare per aerei militari prodotto in America dalla Pastushin Industries probabilmente sganciato come si fa subito prima o dopo una manovra di attacco, quando un caccia deve acquisire il massimo della manovrabilità o della velocità di evasione e recuperato dopo lunghe ricerche nel 1992.
La US Navy ha risposto alle richieste di Gatti di aver venduto varie centinaia di A-4 all’Aeronautica israeliana e insieme serbatoi ausiliari di ditte diverse fra cui, prima della lista, proprio la Pastushin.
Due giorni e mezzo dopo la strage di Ustica Begin ha un infarto, viene ricoverato, il 14 luglio lascia l’ospedale e salendo in macchina dice: l’invio in Iraq di uranio arricchito è uno sviluppo molto grave. Convoca poi l’ambasciatore americano Lewis nella sua casa per parlare del programma nucleare iracheno. L’ambasciatore scrive poi a Washington: “A meno che non si riesca a cambiare in qualche modo il corso della politica francese, dobbiamo prevedere che in un futuro non troppo lontano gli israeliani si sentiranno costretti a intraprendere qualsiasi tipo di azione per ostacolare i piani iracheni […] non possiamo e non dobbiamo escludere alcuna possibilità di attacchi paramilitari o preventivi […] indipendentemente dalle terribili conseguenze che tali azioni potrebbero produrre”.
Un attacco preventivo forse era stato già stato condotto nei cieli di Ustica, spiega Gatti e chiede che si indaghi finalmente questo quinto scenario. Giuliano Amato, che lo scorso anno aveva sollevato un polverone chiedendo a Macron di ammettere finalmente le responsabilità francesi, dopo aver letto le bozze del libro di Gatti ha voluto scrivere lui la prefazione. Per invitare a leggerlo e finalmente a indagare questa pista così verosimile.