È il 1931 e Vida Robare, direttrice della Glen Mills School, un centro di detenzione giovanile in Pennsylvania, viene brutalmente uccisa. Le accuse ricadono immediatamente su di un unico sospetto: Alexander McClay Williams, un sedicenne nero ospitato nella struttura, subito condannato a morte sulla sedia elettrica.
Questa storia, morta e sepolta con Alexander da più di 90 anni, ora torna a far parlare e lo fa innescando un miscuglio di sentimenti che spaziano dal risentimento fino all’impotenza, dal momento che l’esecuzione sembra essere stata frutto di un tremendo errore.
Ad indagare sull’accaduto e a far luce sull’intera vicenda liquidata troppo velocemente è stato Sam Lemon, pronipote di William Ridley, il legale di Alexander al processo e primo americano africano ammesso all’ordine degli Avi della Contea di Delaware: “Volevo sapere, perché lui (Ridley) ha perso il caso legale probabilmente più importante di tutta la sua carriera legale? … Era un po’ un debito d’onore, cercare di capire perché fosse successo e (trovare) un modo per vedere se potevo spiegarlo alla famiglia Williams o renderlo migliore”.
Una famiglia che, nel mentre, ha conosciuto l’onta della vergogna e il dolore di una perdita così importante. Susie Williams Carter, sorella di Alexander, per 85 anni lo ha creduto colpevole di un crimine che in realtà non aveva commesso ed ora deve fare i conti con una realtà spiazzante e confortante allo stesso tempo, grazie alla tenacia e all’intuito di Lemon che, dopo numerose ricerche protratte negli anni, è riuscito a risalire al certificato di morte del condannato e a chiarire alcuni dubbi, oltre che a rivelare scomode verità.
In primis l’età di Alexander, che era stata volontariamente alterata.
Nei documenti risulta infatti che egli avesse all’epoca 18 anni, mentre ne aveva solo 16: “Ma hanno dimenticato di cambiare l’anno di nascita per far funzionare la matematica”, chiarisce Lemon. Inoltre, anche sulla causa del decesso c’è una grande ambiguità: in nero viene segnalata una morte dovuta a “ferite da puntura del cuore”, mentre una calligrafia diversa in blu indica Alexander come colpevole.
L’intricato puzzle ha tuttavia trovato una soluzione solo quando è emersa la trascrizione originale di 300 pagine del processo “Quando l’ho letto, è stato semplicemente sbalorditivo”, rivela il pronipote di Ridley “Ma ciò che mi ha davvero stupito è che non hanno fatto alcuno sforzo per nascondere ciò che hanno fatto”. Da quanto si apprende dallo scritto, il giorno dell’omicidio Alexander e un altro ragazzo erano infatti stati mandati da un ufficiale scolastico a prendere delle pale distanti tra uno e due isolati dalla scuola. Inoltre è stato chiesto ad Alexander di compiere anche una commissione che, sempre a detta dell’ufficiale, avrebbe occupato 20 minuti del tempo del sedicenne.
Un lasso di tempo in cui egli avrebbe invece dovuto compiere il famigerato omicidio “È stato allora” chiarisce Lemon “che ho avuto questo momento eureka. Quindi ho iniziato a fare dei test a piedi, prove a cronometro intorno alla mia città natale e ho misurato le distanze con la mia auto e un cronometro, e ho capito che era semplicemente impossibile. Era impossibile per lui fare tutte queste cose in 20 minuti e poi tornare al lavoro senza alcun sangue su di lui”.
Quando Lemon si è convito di avere sufficiente materiale e di essere in grado di presentare la propria versione della storia legata all’omicidio Robare, si è precipitato dalla famiglia Williams e ha mostrato un powerpoint di 45 minuti con tutti i dettagli relativi alle sue scoperte “Erano un po’ sbalorditi perché non sapevano nulla di queste cose”, ha detto Lemon “c’era molta vergogna associata alla famiglia oltre a dover soffrire in silenzio. Mi sento onorato che queste persone si siano fidate di me, accettando di parlare della memoria di famiglia probabilmente più importante che avevano e di una estremamente dolorosa”.
Nel 2017 il caso contro Alexander Williams è stato dunque riaperto grazie alla difesa legale di Lemon e dell’avvocato Robert Keller e nel giugno 2022 il giudice Kevin F. Kelly, l’allora presidente della contea di Delaware ha accolto una mozione per un nuovo processo, sebbene il procuratore distrettuale abbia infine scelto di non riprovare il caso. Il governatore Tom Wolf ha tuttavia riconosciuto il terribile sbaglio scusandosi a nome dello Stato e definendolo “un eclatante errore giudiziario”.
Il caso della famiglia Williams è solo la punta di un iceberg che porta a riflettere sulle ingiustizie che pendono puntualmente negli Stati Uniti: solo nel 2023, di 150 persone scagionate l’84% era di colore.