Oltre duemila persone nei giorni scorsi sono rimaste sepolte da una gigantesca frana che si è staccata da una montagna in una zona remota di Papua Nuova Guinea. In una lettera inviata alle Nazioni Unite, l’agenzia per le emergenze del Paese ha riferito che un’enorme massa di terra ha travolto diversi villaggi dove sarebbero ancora disperse migliaia di persone.
Tuttavia il bilancio appare ancora provvisorio, i soccorsi tardano ad arrivare, come anche i mezzi di rimozione di tronchi e detriti a causa dello smottamento del terreno ancora instabile.
L’area in cui si è concentrata la tragedia, che conta già 1.250 sfollati, è situata nella regione di Enga, teatro di violenti scontri tribali.
Il disastro naturale avrebbe interessato principalmente il villaggio di Kaokalam. “Circa 150 case sono rimaste sepolte”, aveva dichiarato nelle prime ore Serhan Aktoprak, funzionario dell’agenzia Onu per l’immigrazione. – “Si stima che centinaia di persone siano morte”.
Il governatore della provincia di Enga, Peter Ipatas, ha invece dichiarato alla stampa che questo è il “peggior disastro naturale che la Nazione abbia mai subito. Ha causato immani perdite umane e danni materiali”.
La Papua Nuova Guinea, con oltre 10 milioni di abitanti, è uno dei Paesi più popolosi del Sud del Pacifico, con una crescita della popolazione significativa dal 1975, anno dell’indipendenza dall’Australia ed è parte del Commonwealth.
Seppure la situazione economica del Paese si sia aggravata a causa dall’alto indice di disoccupazione, della carenza di servizi di base e delle continue rivalità per il controllo delle risorse, è divenuto un territorio conteso tra Stati Uniti e Cina.
Nel 2022 la Repubblica Popolare Cinese con l’intenzione di espandere la propria egemonia aveva siglato un accordo con le isole Salomone, un arcipelago vicino all’Australia, per consentire un dispiegamento di forze militari nell’area.
Nel frattempo Il presidente Xi Jinping si è definito “rattristato” nell’apprendere del grave evento e ha dichiarato di voler fornire assistenza. Anche l’Onu ha convocato una riunione d’emergenza per coordinare gli aiuti.