Il mondo si indigna. Gli Stati Uniti restano ufficialmente in silenzio, ma in segreto valutano di interrompere le forniture militari. Benjamin Netanyahu in Parlamento lo chiama “un tragico incidente”.
Sono almeno 45 i civili palestinesi bruciati vivi nell’attacco aereo israeliano su Rafah fra domenica e lunedì.
La dinamica: l’attacco al “quadrante 2371” mirava a uccidere due leader di Hamas: Yassin Rabin, comandante del movimento in Cisgiordania, e Khaled Nagar dello stesso gruppo. Obbiettivo centrato, e Israele ha affermato che tutto è avvenuto “secondo il diritto internazionale”: secondo l’esercito “molte misure sono state prese per ridurre la possibilità di danni a persone non coinvolte”.

Però le armi di precisione, l’intelligence, le munizioni “intelligenti” e quant’altro non sono bastate. Israele ammette che l’attacco ha direttamente provocato l’incendio della tendopoli vicina, dove avevano trovato rifugio persone sfollate già più volte nel corso degli oltre sette mesi di un’offensiva che sta sballottando gli abitanti della Striscia, prigione a cielo aperto, da una parte all’altra del territorio in cerca di un riparo. Immagini militari dell’attacco riprese da un drone e visionate dal New York Times mostrano che le munizioni usate hanno colpito un’area dove c’erano anche automobili. Il fuoco divampato ha fuso la plastica delle tende, colata addosso alle gente che dormiva. Secondo le autorità di Hamas, ci sono anche 250 feriti.
L’immagine dell’ennesima tragedia è la foto di un padre che tende verso il cielo il corpo di una bambina, o un bambino,: la testa non c’è più, resta il pigiamino che aveva addosso.
Hamas ha comunicato ai paesi mediatori che non parteciperà ai negoziati che dovrebbero riprendere questa settimana per un accordo sul rilascio degli ostaggi israeliani catturati il 7 ottobre.
“A Rafah abbiamo evacuato un milione di residenti che non erano coinvolti e, nonostante tutti gli sforzi, ieri si è verificato un tragico incidente. Stiamo indagando su quanto accaduto e trarremo delle conclusioni” ha detto Netanyahu alla Knesset.
Per lui è questione di sopravvivenza politica. L’operazione contro Hamas a Gaza, risultato dell’attacco di Hamas del 7 ottobre in Israele con le sue oltre 1200 vittime, è l’unica cosa che tiene ancora in piedi un primo ministro contestatissimo dagli israeliani lungo tutto lo scorso anno.

Non basta alla comunità internazionale, tanto più che il premier israeliano non ha dato alcun segno di allentare l’offensiva nel sud della Striscia.
Ad influire c’è il fatto che Israele ha agito nonostante la sentenza della corte di Giustizia Internazionale dell’Onu, che sta valutando l’accusa di genocidio mossa dal Sudafrica allo Stato ebraico, e che tre giorni fa aveva ordinato di astenersi dalle operazioni militari che potessero danneggiare i civili a Gaza. Una sentenza ambigua perché non chiedeva la cessazione totale delle ostilità, e i fatti dimostrano che non ci sono operazioni militari a Gaza che possano avvenire senza danno ai civili. Del resto i morti palestinesi sono ormai più di 36mila.
Le reazioni internazionali dunque. Colpisce il silenzio della Casa Bianca, che nonostante l’indefesso lavorio degli ultimi mesi alla ricerca di una tregua e la crescente esasperazione verso Netanyahu, ha continuato a sostenere che l’offensiva nel sud della Striscia è “limitata”. Secondo Axios, tuttavia, “l’amministrazione Biden sta valutando se l’attacco israeliano che domenica ha ucciso almeno 45 palestinesi sfollati in una tendopoli a Rafah sia una violazione della linea rossa del presidente Biden”. Poche settimane fa l’inquilino della Casa Bianca aveva minacciato di sospendere la consegna di alcune armi offensive di fabbricazione statunitense se Israele fosse entrato nei centri abitati di Rafah.
Il Canada è “inorridito” dalla morte di civili Rafah: lo ha detto il ministro degli esteri canadese Melanie Joly in un post sui social media, chiedendo un cessate il fuoco
Dalla Francia, il presidente Emmanuel Macron si è detto “indignato” e ha chiesto “un immediato cessate il fuoco”. I ministri degli Esteri dell’Unione Europea, che domenica avevano incontrato il neopremier dell’Autorità nazionale palestinese Mohammed Mustafa, dopo una riunione, per bocca dell’Alto rappresentante Ue per la politica estera, Josep Borrell, parlano di “orribili notizie” e chiedono la convocazione di un Consiglio di associazione Ue-Israele. Si tratta di chiedere all’alleato il rispetto degli impegni presi nell’ambito dell’accordo di associazione. Lo avevano già chiesto tre mesi fa alla presidente della Commissione Ue i governi di Spagna e Irlanda, ma senza seguito.
L’Unione europea inoltre sempre per bocca di Borrell ha chiesto al governo Netanyahu di smettere di “chiamare organizzazione terroristica” l’UNWRA, l’agenzia dell’Onu per i rifugiati palestinesi. Lo Stato ebraico aveva accusato diversi dipendenti dell’agenzia (che impiega migliaia di persone) di aver direttamente partecipato all’assalto del 7 ottobre. Tuttavia le prove non sono mai state prodotte, e il rifiuto di Israele di collaborare con l’UNWRA rende impossibile la distribuzione degli aiuti a una popolazione affamata.
Josep Borrell ha anche detto che l’Ue potrebbe riaprire la sua missione a Rafah, che dal 2005 al 2007 gestì il passaggio di merci e persone fra l’Egitto e Gaza, ma “deve essere fatto in accordo con l’Autorità nazionale palestinese”, al governo in Cisgiordania, “l’Egitto e ovviamente Israele”.
Intanto Spagna, Irlanda e Norvegia, come annunciato, hanno riconosciuto ufficialmente lo Stato di Palestina, una decisione che secondo Israele “istiga al genocidio degli ebrei”.
Con un tweet su X, il Segretario Generale dell’Onu Antonio Guterres ha condannato le azioni di Israele “che hanno ucciso decine di civili innocenti che stavano solo cercando riparo da questo conflitto mortale. Non esiste luogo sicuro a Gaza. Questo orrore deve finire”.