“Entro l’8 giugno dovrai accettare il piano di azione che predisporremo, altrimenti mi dimetto”, ha annunciato il ministro del Gabinetto di guerra israeliano, Benny Gantz. In una conferenza stampa trasmessa alla televisione, il membro della knesset centrista si riferisce direttamente al primo ministro Benjamin Netanyahu. Quest’ultimo sembra aver già respinto la proposta perché pone condizioni “vane” e di “lascia intatta Hamas”.
Il Gabinetto di guerra predisporrà un piano in sei punti per agire immediatamente nella Striscia di Gaza e tracciare gli scenari futuri del conflitto, fra cui chi governerà l’area. La linea prospettata da Gantz prevede una “direzione USA-UE-araba-palestinese” al posto di “Hamas e Abu Mazen”.
Non sembra rinnegare la scelta di entrare al governo dopo il 7 ottobre, ma ha sostenuto che “le decisioni essenziali non sono state prese”, e quindi “negli ultimi tempi qualcosa è andato storto. Una parte dei politici si comporta in maniera codarda e pensa solo a se stessa. Nel sancta sanctorum delle scelte di Israele sono entrate considerazioni personali, una piccola minoranza ha preso il ponte di comando della nave israeliana e la sta dirigendo verso gli scogli”.
Intanto le truppe israeliane avanzano verso Rafah, nonostante diversi, fra cui anche il presidente Biden, abbiano minacciato di tagliare i finanziamenti nel caso di un’invasione. Le IDF hanno dichiarato di aver eliminato un altro comandante del Jihad islamico. Ma hanno anche recuperato i corpi di quattro ostaggi morti, fra gli oltre 200 nelle mani di Hamas.
La città costiera, nel Sud della Striscia, ospita la maggioranza degli sfollati palestinesi e un attacco diretto rischierebbe di peggiorare la situazione umanitaria già al limite. A questo proposito, l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei profughi palestinesi nel vicino oriente (UNRWA) ha annunciato che «circa» 800 mila persone sono già fuggite dalla zona dall’inizio dell’ultima offensiva israeliana.
È attesa per domenica la prima distribuzione di aiuti alimentari sulla piattaforma galleggiante progettata e costruita dagli Stati Uniti. Gli operatori umanitari presenti nell’area lanciano l’allarme: sarà necessario un sostegno più robusto. Il bilancio delle vittime palestinesi si aggira intorno alle 35 mila (quelle contate dal Ministero della Salute di Gaza), molte morte anche di fame.