Il presidente della commissione Giustizia della Camera, il repubblicano dell’Ohio Jim Jordan, ha chiesto all’amministrazione Biden di revocare il visto agli studenti stranieri che studiano negli Stati Uniti e che hanno partecipato alle proteste pro-Palestina nei campus universitari.
Jordan si è appellato all’Immigration Nationality Act del 1952, che prevede appunto la revoca del visto per gli studenti che violano la legge.
“Questa commissione-ha dichiarato il sessantenne- ha inviato lettere al Segretario Blinken e al Segretario Mayorkas tre settimane fa, ponendo una domanda fondamentale: ‘Avete iniziato il processo di revoca?’ La legge diche che gli studenti che svolgono attività illegali non dovrebbero essere qui”.
Un portavoce del Dipartimento di Stato ha dichiarato al Washington Examiner che, pur non potendo commentare i dettagli dei singoli casi per motivi di privacy, le manifestazioni pacifiche non violano i termini dell’ Exchange Visitor Program.
“Gli Stati Uniti sostengono la possibilità per chiunque di protestare pacificamente, di manifestare, di far sentire la propria voce e di esprimersi in modo non violento, nel rispetto delle leggi federali, statali e locali”, ha dichiarato il portavoce, “Ci affidiamo alle università e alle giurisdizioni locali per assicurare che i diritti alla libertà di espressione e di riunione pacifica siano protetti mantenendo la comunità al sicuro. Abbiamo inoltre dei processi in atto per affrontare qualsiasi violazione dei requisiti del programma di scambio di visitatori, compresi i requisiti relativi al visto dei partecipanti”.
Le proteste pro-palestinesi nei campus universitari hanno conquistato fin da subito le cronache nazionali e mondiali, in particolar modo quelle alla Columbia e all’UCLA, dove vi è stata anche una massiccia risposta da parte della polizia, che ha arrestato numerosissimi manifestanti.
Molti dei ragazzi fermati presso l’ateneo newyorkese, inoltre, hanno dichiarato di essere stati malmenati dalle forze dell’ordine, e tenuti per ore in celle di isolamento in “condizioni disumane”, vedendosi negata la possibilità di fare una telefonata o di andare in bagno e venendo privati persino di acqua e cibo.