Una “nuova era” di collaborazione tra Mosca e Pechino per contrastare l’egemonia occidentale.
Nel primo dei tre giorni di visita di Vladimir Putin a Pechino – il primo dopo la sua riconferma al Cremlino – il presidente russo e l’omologo cinese Xi Jinping si sono ripromessi di consolidare i già stretti rapporti tra le due potenze in modo da “stabilizzare” un ordine mondiale in crisi.
“La Cina è pronta a lavorare con la Russia per mantenere equità e giustizia nel mondo”, ha dichiarato il leader cinese, che ha accolto il suo “migliore amico” Putin (come lo ha definito nel 2019) davanti alla Grande Sala del Popolo assieme a decine di soldati e bambini che sventolavano le bandiere dei due Paesi. “L’amicizia tra Cina e Russia è stata conquistata con fatica e le due parti devono mantenerla stretta e coltivarla”, ha aggiunto Xi.
Putin, a sua volta, ha elogiato il rapporto tra i due Paesi come un “fattore stabilizzante nell’arena internazionale”, specificando che – nonostante la presenza del comune rivale statunitense – “le relazioni tra Russia e Cina non sono opportunistiche e non sono dirette contro nessuno”, secondo quanto riportato dal Cremlino.
“Insieme, sosteniamo i principi della giustizia e un ordine mondiale democratico che rifletta le realtà multipolari e sia basato sul diritto internazionale”, ha aggiunto il 71enne pietroburghese. Sia Mosca che Pechino mal sopportano infatti le pretese statunitensi di evangelizzazione del mondo al verbo liberale – preferendo un approccio multilaterale in cui grandi potenze regionali si spartiscano di fatto il mondo in sfere d’influenza (come sembrano dimostrare le azioni di Putin in Ucraina e quelle di Xi nell’Indo-Pacifico).
La crisi dell’ordine mondiale, secondo i due leader, sarebbe un’avvisaglia del fatto che l’egemonia statunitense seguita al collasso dell’Unione Sovietica stia per finire, nonostante i tentativi di Washington di rimanere la potenza per antonomasia e di “tarpare le ali” alle concorrenti. Gli Stati Uniti ritengono invece che le azioni di Pechino e Mosca facciano parte di una gara esistenziale tra democrazie e autocrazie (Biden stesso in passato ha definito Xi un “dittatore” e Putin un “assassino”).
Durante il vertice di Pechino, Putin ha pubblicamente ringraziato Xi per il suo piano in dodici punti per porre fine alla guerra in Ucraina, già ampiamento respinto dall’Ucraina e dall’Occidente in quanto ritenuto fin troppo accondiscendente per i desiderata di Mosca.
In una dichiarazione congiunta, i due presidenti hanno elogiato il rafforzamento dell’alleanza strategica tra le loro nazioni, sottolineando come la collaborazione nel settore della difesa abbia contribuito a una maggiore sicurezza internazionale. Nel documento si critica inoltre Washington e la sua “mentalità da Guerra Fredda“, che “antepone la sicurezza di ‘gruppi ristretti’ alla sicurezza e alla stabilità regionale, il che crea una minaccia alla sicurezza di tutti i Paesi della regione”.
All’indomani dell’invasione russa dell’Ucraina e delle sanzioni occidentali, l’alleato cinese si è rivelato una vera e propria ancora di salvezza economica per Mosca. Non solo perché ha dirottato verso Pechino, attraverso il gasdotto “Power of Siberia”, parte del gas che prima del febbraio 2022 affluiva in Europa. Ma anche perché decine di aziende cinesi starebbero segretamente rifornendo la Russia di componenti essenziali per la fabbricazione di armi.
Dal canto suo, peraltro, Pechino continua a sostenere di essere imparziale nella crisi. “La Cina spera in un rapido ritorno dell’Europa alla pace e alla stabilità e continuerà a svolgere un ruolo costruttivo in tal senso”, ha coerentemente dichiarato Xi ai media, ribadendo l’assoluta neutralità del Dragone in merito alla crisi ucraina.