Una polizia segreta a Gaza con il compito di spiare e pedinare civili palestinesi e giornalisti stranieri – e in generale tutti gli oppositori del regime islamista. E in qualche caso persino i suoi amici, come la Jihad Islamica.
A fare luce sulla “Stasi” palestinese sono alcuni documenti segreti ritrovati nella casa dell’assistente del leader di Hamas, Yahya Sinwar. La documentazione proverebbe che Hamas si sarebbe servito di una fitta rete di informatori che, proprio come nel capolavoro distopico orwelliano, arrivavano a denunciare persino i vicini.
I documenti, visionati in esclusiva dal New York Times, descrivono l’operato della polizia segreta all’interno di Gaza, che controllava la vita privata – e addirittura matrimoniale – dei cittadini. Ad esempio, pedinando uomini e donne sospettati di stare portando avanti relazioni sentimentali al di fuori del matrimonio. Il personale di sicurezza, a quanto si legge, seguiva poi anche i giornalisti e chiunque ritenesse si stesse comportando in modo immorale: dagli avversari politici a chi esprimeva critiche sui social, passando ovviamente per i partecipanti alle proteste.
Molti abitanti di Gaza sono consapevoli di essere tenuti d’occhio dai mujaheddin, dato che sin dalla conquista militare della Striscia nel 2006 hanno sempre mantenuto a lungo uno stile di governo repressivo nell’area. Tuttavia, l’effettiva invasività dell’unità, rimasta per lo più nell’ombra, è stata svelata solo recentemente in una presentazione di 62 diapositive sulle operazioni del Servizio di sicurezza generale, tenuta poche settimane prima dell’attacco a Israele del 7 ottobre.
Fonti anonime dell’intelligence israeliana consultate dal New York Times hanno affermato di ritenere che fosse Sinwar in persona a comandare la polizia segreta, e che la presentazione fosse destinata proprio al capo della milizia. Secondo i registri, l’unità comprendeva 856 dipendenti, di cui oltre 160 pagate per diffondere la propaganda di Hamas.
Laddove alcune strategie degli agenti, come la diffusione di informazioni su Hamas, sembravano normali attività di lobbying, in altre situazioni si raccomandava di utilizzare agenti segreti per “invertire la rotta”.
“Questo Servizio di Sicurezza Generale è proprio come la Stasi della Germania dell’Est”, ha dichiarato al Times Michael Milshtein, un ex ufficiale dell’intelligence militare israeliana specializzato in affari palestinesi. “Ha sempre un occhio sulla strada”.
“Dobbiamo fare i conti sia con i bombardamenti degli invasori israeliani sia con le violenze delle autorità locali”, ha dichiarato al Times Ehab Fasfous, un giornalista della Striscia di Gaza che compare negli archivi del Servizio di sicurezza generale. Il report sostiene che gli agenti siano arrivati a sottrargli il telefono e ad usarlo per inviare messaggi spinti a una collega al fine di “diffamarlo”. “Se non sei con loro, diventi un ateo, un infedele e un peccatore”, ha aggiunto Fasfous, ‘reo’ di aver criticato Hamas in alcuni commenti online.