Secondo un audit rimasto sconosciuto finora, l’ex presidente Donald Trump avrebbe più di 100 milioni di dollari di tasse in arretrato da pagare. Analizzando anni di ricevute fiscali, i giornalisti Russ Buettner del New York Times e Paul Kiel di ProPublica hanno fatto emergere una revisione dei conti dell’Agenzie delle Entrate statunitensi, la Internal Revenue Service (IRS), per cui sono state dedotte per due volte delle imposte dal suo grattacielo a Chicago.
Negli Stati Uniti, trent’anni fa, una corte d’appello ha stabilito che quando un’azienda viene riconosciuta come “inutile” può essere messa in detrazione nella dichiarazione dei redditi. Il proprietario comunque ne mantiene il possesso e può continuare a usarla. Ma la legislazione non definisce quali sono i parametri che determinano l’inutilità di un immobile lasciando agli avvocati fiscalisti la libertà di decidere quando e se escluderlo.
Il grattacielo in questione ha 92 piani (il più alto della città) e conta 825 appartamenti, è rivestito di vetro e si trova lungo il fiume Chicago, nel cuore finanziario. L’ultimo grande progetto di costruzione di Trump è stato anche un grande fallimento. L’ex presidente comprò il terreno nel 2001, con il progetto di inaugurarlo nel 2007 e un prestito iniziale da 650 milioni di dollari. Alla fine, il cantiere venne concluso a giugno 2009 per un totale di 859 milioni di dollari, che non riuscì mai a saldare completamente a causa delle scarsissime vendite conseguenti alla crisi del 2008.
Già nella dichiarazione dei redditi del 2008 che ha riportato un debito di 651 milioni di dollari, la Trump Tower di Chicago era stata messa c on i suoi debiti in detrazione. L’anno dopo sono stati aggiunti nelle dichiarazioni altri 168 milioni di dollari di perdite. Ma dai registri fiscali non è chiaro quali attività abbiano generato queste cifre.
Fra continui prestiti, trasferimenti di denaro da una società all’altra e fusioni, è stato facile per gli avvocati fiscali di Trump sfruttare e invocare il concetto di “inutilità” per evitare quante più tasse possibili.
Questo caso si inserisce in un quadro decisamente più ampio che vede la situazione fiscale di Trump legata a debiti su più fronti. Adesso l’ex presidente ha già pagato 83,3 milioni di dollari in una causa per diffamazione e altri 454 milioni – diventati poi 150 milioni – in una causa per frode civile intentata dal procuratore generale di New York, Letitia James. Il tycoon ha fatto appello a entrambe le sentenze.
Contemporaneamente Trump è coinvolto in altri casi clamorosi soprattutto legati alle elezioni del 2020 e del 2016. C’è quello a New York, di cui è iniziato il processo per silenziare una pornostar utilizzando di fatto fondi elettorali che costringe l’ex presidente a presentarsi per altre settimane in un tribunale di Manhattan. Sono trentaquattro i capi d’accusa per aver falsificato le carte dei pagamenti, attraverso la Trump Organization, e diretti all’ex avvocato Michael Cohen, che aveva effettuato i versamenti diretti all’ex pornoattrice Stormy Daniels.
La sua deposizione attesissima inizierà lunedì
Poi c’è qil procedimento in Florida, per aver sottratto illehgalmente ed essersi rifiutato di restituire dei documenti federali top secret ritrovati nella sua villa a Mar-A-Lago. Il processo in Georgia riguarda invece il tentativo di Trump di ribaltare il voto dello Stato nelle elezioni del 2020. Ma a Washington è in attesa anche quello per l’assalto al Congresso il 6 gennaio del 2021.
E se non bastasse ad appesantire la sua agenda giudizia Trump è anche in attesa del verdetto della corte suprema sulla richiesta di immunità assoluta in quanto presidente che potrebbe metterlo definitivamente con le spalle al muro o farlo sperare in un autoperdono se riuscisse a vincere le elezioni di novembre contro Joe Biden