Sui banchi della commissione Sanità e Affari sociali della Camera dei Deputati, da un paio di mesi è pronta una proposta di legge che riguarda da vicino gli italiani residenti all’estero.
È un testo bollato dal simbolo di Fratelli d’Italia e firmato dal suo deputato eletto in Nord e Centro America Andrea Di Giuseppe, dal titolo “Modifica all’articolo 19 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, e altre disposizioni in materia di assistenza sanitaria in favore dei cittadini iscritti nell’Anagrafe degli italiani residenti all’estero”.
L’idea di fondo è quella di permettere agli italiani residenti all’estero (che sono circa 6 milioni stando all’ultimo “Rapporto italiani nel mondo”), di non perdere il diritto all’assistenza sanitaria italiana attraverso una “tassa” da pagare ogni anno.
A quantificare la somma da versare è lo stesso Di Giuseppe sul Sole 24 Ore. “Poiché il costo di un paziente italiano in Italia è, stando ai dati Istat, di 3mila euro l’anno e poiché si presume che queste persone si recherebbero in ospedale solo in casi eccezionali, è alquanto probabile che l’importo sarà di 1.500 euro l’anno”. Aggiungendo poi: “200 euro più, 200 euro meno”.
Calcolatrice alla mano, secondo l’Onorevole di maggioranza con questa iniziativa “entrerebbero ogni anno nelle casse dello Stato 8,9 miliardi di euro, ovvero il 31% dei 28 miliardi stanziati con la manovra 2024 e il decreto legislativo che avvia la riforma fiscale”. Numeri impressionanti, che sarebbero una grande boccata d’ossigeno per le casse dello Stato.

Di Giuseppe pare così aver trovato la formula per smascherare quegli italiani che, sempre stando alle sue parole, “vivono e versano tasse all’estero, non contribuiscono in nessun modo a livello fiscale e usano l’assistenza sanitaria in Italia, pesando sulle casse dello Stato”. Una frangia di free riderche utilizzerebbe i servizi faticosamente pagati da chi versa faticosamente i contributi a Roma.
Eppure, leggendo il testo cofirmato dagli Onorevoli Almici, Colombo, Iaia e Maiorano, emergono alcuni punti che Di Giuseppe non specifica quando illustra il ritorno economico della sua proposta. Innanzitutto, che “l’adesione a quanto previsto dalla legge e il pagamento del relativo contributo” sarà “una scelta volontaria”. Pagherà chi vuole, dunque, e non per forza tutti i 6 milioni di iscritti AIRE che farebbero entrare nelle casse dello Stato gli annunciati 9 miliardi di euro.
Dalla platea dei volontari, dovranno poi essere tolti anche “i minorenni iscritti all’AIRE, purché almeno un genitore o il tutore legale abbia fatto richiesta di rilascio della tessera sanitaria nazionale”, così come i “titolari di pensione corrisposta da enti previdenziali italiani” che potranno “sottrarre il contributo di cui al comma 1 direttamente dal contributo previdenziale erogato”.
C’è poi un altro punto. Come scritto nella proposta di legge, la normativa oggi in vigore prevede già una distinzione tra i cittadini italiani residenti nell’Unione Europea e quelli extra UE. Mentre i secondi perdono automaticamente i servizi sanitari una volta che spostano fuori dai confini nazionali la loro residenza, i primi sono dotati di carta TEAM (tessera europea di assicurazione malattia), che dà diritto “alle prestazioni ospedaliere urgenti gratuitamente fino ad un periodo massimo di novanta giorni”.
Un sistema definito però “farraginoso” da Di Giuseppe, che parla invece, come “elemento peculiare” della sua proposta, del “mantenimento del medico di medicina generale e del pediatra attraverso il Servizio tessera sanitaria (S.T.S.), con il conseguente aggiornamento del fascicolo sanitario elettronico, del piano di esenzioni per patologie, del piano terapeutico e di un controllo anche sui farmaci essenziali”.
Al momento la proposta è ancora in stallo e dalla Commissione non trapela alcuna comunicazione.