La fuga dal “cataclisma”, così l’ONU ha definito la crisi che affligge da tempo Haiti. La popolazione ormai stremata abbandona quel poco che possiede per mettersi al riparo dalla violenza e cercare cibo e acqua pulita.
Secondo l’Ufficio internazionale per le migrazioni delle Nazioni Unite sono circa 360.000 le persone fuggite dalle loro case nell’ultimo anno e si prevede che il numero degli sfollati interni sia destinato a salire nei prossimi mesi e arrivare a 400.000.
Nonostante la polizia locale abbia arrestato numerosi membri delle gang che hanno terrorizzato la popolazione, derubandola e bruciando le loro abitazioni, la situazione continua a essere fuori controllo.
I rivoltosi hanno occupato le scuole, le chiese, gli edifici governativi e costretto centinaia di minori a vivere per strada in condizioni igieniche precarie favorendo la diffusione di malattie come il colera.
Varie organizzazioni umanitarie sono accorse in aiuto degli haitiani in una lotta contro il tempo. Circa 90.000 persone sono state sistemate in accampamenti improvvisati, e altrettante nei mesi scorsi hanno abbandonato Port-au-Prince.
Ma l’esodo ha ulteriormente aggravato la situazione delle città, anche le più sicure sono state travolte trovandosi impreparate nel fronteggiare l’imponente afflusso di persone. L’agenzia governativa haitiana che si concentra principalmente sull’assistenza in caso di disastri naturali non è in grado di fronteggiare il fenomeno.
L’Onu ha lanciato una campagna di raccolta fondi mirata a raccogliere 674 milioni di dollari, ma al momento ha ottenuto soltanto il 6% della somma prevista. Gli Stati Uniti hanno contribuito con 107 milioni di dollari. Purtroppo a causa dei numerosi conflitti nel mondo Haiti rischia di essere dimenticata.
“Puoi assistere in caso di un ciclone. Dopo un terremoto, si può trovare un riparo”, ha detto Emmanuel Pierre, direttore delle operazioni per la Direzione della Protezione Civile, l’agenzia di gestione delle emergenze di Haiti. “Ora il problema ha dimensioni sociali”.
Dopo l’assassinio del presidente Jovenel Moïse, le bande haitiane hanno aumentato il controllo sul territorio e intensificato la ferocia, con l’obiettivo di portare alle dimissioni il primo ministro Ariel Henry subentratogli poco dopo.
L’obiettivo è stato raggiunto; dopo una furiosa rivolta Henry, rimasto bloccato fuori dal paese, ha aperto la strada alla transizione e rassegnato il suo incarico. Le gang ora hanno alzato la posta e chiedono un’amnistia per i loro crimini e cercano di impedire il dispiegamento della forza internazionale organizzata dal Kenya.
Da quanto emerge dal rapporto delle Nazioni Unite la criminalità ha avuto un balzo del 53% solo nei primi tre mesi del 2024, oltre 2500 persone sono state uccise o ferite a causa degli scontri con le bande armate.
L’Ufficio internazionale per le migrazioni delle Nazioni Unite ha inoltre rilevato che circa il 70% degli sfollati ha trovato rifugio da amici o parenti, mentre il resto si trova collocato in uno degli 86 centri per senzatetto.