La Legal Aid Society, la più antica società di assistenza legale pro bono negli USA, vuole fare chiarezza sugli arresti effettuati dalla polizia newyorkese alla Columbia University ed al City College, nell’ambito delle manifestazioni pro Palestina. Secondo la società in questione, infatti, almeno 46 manifestanti dovevano rispondere di accuse di bassa gravità, come la violazione di domicilio, casi in cui normalmente l’individuo riceverebbe un semplice ordine di comparizione.
Al contrario, sembrerebbe che, in carcere, a questi ultimi sarebbe stata negata la possibilità di andare in bagno o di effettuare una telefonata, venendo privati persino di acqua e cibo. Per questo motivo, dunque, la Legal Aid ha chiesto al Dipartimento di Investigazione di aprire una indagine a riguardo.
Tale provvedimento giunge solo un mese dopo la decisione di un giudice che aveva ordinato alla polizia di New York di cambiare drasticamente il modo in cui gestisce le manifestazioni. L’accordo, arrivato dopo centinaia di cause e denunce di civili che sostenevano l’uso eccessivo della forza da parte della polizia nel 2020, l’anno del Black Lives Matter per intenderci, mirava a stabilire nuove linee guida per gli agenti impegnati nel corso delle manifestazioni.

“Dobbiamo chiederci se abbiamo imparato qualcosa dal 2020”, ha detto Jennvine Wong, avvocato supervisore dell’Unità di responsabilità dei poliziotti della Legal Aid Society, “E penso che il nostro Consiglio comunale dovrebbe chiedersi cosa dovremmo imparare dalla risposta della Polizia di New York a queste proteste”.
I funzionari della NYPD e il sindaco Eric Adams hanno ripetutamente difeso la gestione delle manifestazioni da parte del dipartimento, anche se la settimana scorsa è emersa la notizia che un sergente ha accidentalmente sparato mentre cercava i manifestanti all’interno della Hamilton Hall della Columbia University. La polizia ha poi dichiarato che il proiettile è finito in un ufficio vuoto.
Al contrario, Isabelle Leyva, organizzatrice senior dell’Unione per le Libertà Civili di New York, ha detto che la risposta del dipartimento non è stata né organizzata né tantomeno pacifica. Leyva ha inoltre affermato di non aver visto con i propri occhi ciò che è effettivamente accaduto all’interno della Columbia, ma di aver sentito le urla dei manifestanti.

Lunedì, infine, la Legal Aid Society ha chiesto all’Ufficio dell’Ispettore generale della NYPD di indagare sulla “problematica repressione delle proteste nelle università e nei college locali”. L’associazione, inoltre, ha affermato di essere in attesa di diverse risposte circa il criterio con il quale gli agenti hanno arrestato diversi manifestanti, mentre altri sono stati fatti tornare a casa immediatamente.
Alle accuse delle associazioni, si aggiungono quelle degli studenti, che hanno dichiarato di essere stati malmenati e feriti dagli agenti, durante le operazioni di sgombero. Alcuni dei 282 ragazzi fermati, tra la Columbia ed il City College, hanno affermato di essere stati messi in isolamento per diverse ore, “in condizioni disumane”.