Se distruzione e morte non fossero in cima alla lista quotidiana delle notizie, potrebbe essere quasi divertente cercare di costruire una classifica – punti guadagnati o persi – tra i due contendenti: Israele e Hamas.
Lunedì pomeriggio, ora mediorientale, un aereo privato ha portato al Cairo da Tel Aviv la delegazione negoziale israeliana. Un ora di volo, il tempo di fare il punto e prepararsi all’ennesimo incontro indiretto con Hamas. L’aereo, anche per motivi di sicurezza, è probabilmente passato da Israele all’Egitto sopra il Mediterraneo, lungo la costa da dove si potrebbe intravedere Rafah, il confine tra i due paesi, e appena più distante il Sinai israeliano con i villaggi presi d’assalto a ottobre dalle milizie di Hamas.
Cosa vuole ottenere Israele come effetto dell’accordo o della mancanza di accordo che i suoi negoziatori dovrebbero sottoscrivere? In ordine sparso:
- Il ritorno degli ostaggi o dei corpi di civili e militari trascinati nella striscia oltre sei mesi fa.
- La “distruzione” di Hamas, l’eliminazione fisica dei suoi capi e degli uomini che in qualche modo hanno agito e agiscono in nome del movimento. Molti leader israeliani, specialmente i rappresentanti dell’estrema destra sono stati più chiari: per loro i palestinesi tutti, donne, uomini o bambini dovrebbero sparire, lasciare la Terra santa, “vivi o morti”.
- Quasi tutti gli esponenti di governo e non solo Netanyahu e i suoi più stretto collaboratori o alleati di governo insistono sul fatto che Israele dovrà controllare “per anni” la striscia di Gaza. Qualcuno parla anche di nuovi insediamenti ebraici accanto o al posto delle comunità palestinesi di Gaza.
- Molti in Israele sostengono che Netanyahu ostacola il negoziato per motivi personali. I processi per corruzione e altri reati aperti contro il premier sicuramente riprenderebbero se finisse la guerra, come è certo che Israele andrebbe a nuove elezioni che segnerebbero la sua fine politica anche se non necessariamente a favore di un governo più disponibile nei confronti del popolo palestinese.
E Hamas cosa vuole?
- Per uno scambio di ostaggi e prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane le divergenze appaiono quasi superate. Si discute su numeri e tempi e anche nomi ma sono meno importanti.
- Fondamentale, ed è comprensibile, per il movimento islamista è costringere Israele ad accettare la fine del conflitto e garanzie internazionali che Tel Aviv non sarà più presente nella striscia dopo il periodo di cessate il fuoco e lo scambio ostaggi-prigionieri e che non riprenderà le azioni militari a Gaza.
- Hamas vuole uscire politicamente vincente dal confronto armato anche se i suoi dirigenti consapevoli che i servizi segreti di Tel Aviv daranno la caccia per sempre ai suoi leader nascosti sotto terra o all’estero.
Poche ore dopo la partenza della sua delegazione per il Cairo, Netanyahu è stato chiaro: “La proposta di Hamas, destinata a bloccare il nostro ingresso di Rafah, è lontana dalle richieste di Israele. Gli ha subito fatto eco il Ministro della Difesa Gallant: l’operazione Rafah non si fermerà fino a quando Hamas non sarà eliminato o il primo ostaggio non sarà rilasciato. A Gaza e dintorni si continua a sparare, a bombardare e a morire.