La Cina non può essere messa in un angolo e, di fatto, consegnata alla sempre più stretta alleanza con la Russia, tanto più che gli interessi dei due Paesi non sono omogenei. Mentre l’obiettivo cinese primario risiede nel sostenere la curva dello sviluppo, quello russo punta all’espansione e all’acquisizione di territori e risorse. Se la Cina si muove come una potenza di tipo nuovo, che investe nella trasformazione dei prossimi decenni, la Russia si colloca nel solco della politica di potenza territoriale novecentesca, aggredendo e predando.
Il che spiega perché la Cina sia obiettivamente danneggiata da guerre russe che alterino gli equilibri alla cui costruzione ha contribuito, anche se l’attuale aggressione all’Ucraina frutta utili a Pechino sul piano economico e commerciale (importazione a buon prezzo di materie prime in particolare energetiche, esportazione di tecnologia e beni di consumo), ma anche politico. È un’opportunità per uscire dall’angolo nel quale la potenza asiatica si è ritrovata a causa delle misure nei suoi confronti assunte dagli ultimi presidenti statunitensi, spesso condivise con gli alleati, a causa delle pratiche commerciali scorrette, e non solo.
L’ostentazione da parte di Xi dell’alleanza con Putin ha funzionato come avvertimento a Washington su possibili sviluppi condivisi, in funzione antagonistica all’Occidente. In realtà la Cina ha evitato di farsi tirar dentro i meandri dell’avventurismo russo, anche perché non lo condivide. Pur confermando a ogni occasione “l’amicizia senza limiti” con il Cremlino, Pechino limiti ne ha stabiliti, a esempio votando alle Nazioni Unite in autonomia, non solo con astensioni ma anche approvando la qualifica della Russia come aggressore.
Così la Cina ha guadagnato i galloni di potenza globale e declassato contestualmente la Russia al rango di signorotto locale.
Il ridimensionamento di Putin e della Russia e il nuovo ruolo della Cina spiegano la trama che, in questa primavera, Xi Jinping sta tessendo con gli altri due poli di rilievo della scena internazionale: Stati Uniti e Unione Europea. Se le cose andassero in un certo modo, si potrebbero gettare le fondamenta del nuovo ordine mondiale e la lunga transizione dal sistema bipolare potrebbe assestarsi in un ordine tripolare nel quale la Cina potrebbe espletare anche il ruolo di mediatore nei confronti di una Russia il cui prestigio è adesso nullo e la forza muscolare così debole da non riuscire, dopo 27 mesi di aggressione, a sottomettere l’Ucraina, ma le ambizioni clerico-autoritarie ancora elevate.
L’offensiva diplomatica di Xi, per adesso, si riassume nei tre giorni di lavoro a Pechino del segretario di Stato statunitense Antony Blinken (incontri con uomini d’affari e vertice dello stato e del partito, incluse 5 ore e mezzo con il ministro degli Esteri Wang Yi, quindi faccia a faccia con il presidente Xi) e con il viaggio in Europa di queste ore.
I met with People’s Republic of China President Xi Jinping today in Beijing. We had a substantive conversation on regional and global issues and people-to-people ties between our nations. The U.S. will continue to defend our interests and values, even as we seek to deepen… pic.twitter.com/ttj0pYKyye
— Secretary Antony Blinken (@SecBlinken) April 26, 2024
Del primo evento, gli analisti hanno raccontato che si è caratterizzato per dissensi sulla gran parte dei temi. Non è una notizia, visti i precedenti: paradossalmente la cosa più importante è che la tre giorni ci sia stata e si sia concentrata su problemi concreti. Il che ha mostrato che a Washington si sta facendo largo un atteggiamento più realistico. Con Pechino bisogna fare i conti, piaccia o non, e trovare una forma di convivenza collaborativa, visto che il comunismo cinese non fa guerre, e non è poco di questi tempi.
La conversazione di Biden e Xi del novembre 2023 a San Francisco così come la telefonata di Biden al capo cinese il 2 aprile scorso, in concomitanza con i cinque giorni passati dal segretario al Tesoro Janet Yellen in Cina e tre settimane prima della missione di Blinken (24-26 aprile), dicono che le due potenze stanno dando una certa intensità al dialogo, ed è una bella notizia. Se i rapporti bilaterali si stabilizzassero e si avviasse un canale di dialogo continuato, molte questioni potrebbero essere smussate nel breve (ad esempio gli illegali comportamenti cinesi nel commercio e nelle interferenze elettroniche), e quelle strategiche e davvero conflittuali (come Taiwan) regolate dando ai tempi lunghi il ruolo che meritano.
Xi dovrà però far seguire agli enunciati sulla necessità che le due potenze siano “partner e non rivali” fatti concreti, il più urgente dei quali è smettere di fornire ai russi mezzi (cuscinetti a sfera, semiconduttori, pezzi di ricambio, droni) a doppio uso, che consentono alla guerra contro Kyiv di durare. Sarebbero atti sicuramente seguiti da concessioni USA e UE sulle questioni commerciali che tanto stanno a cuore a Xi. Farebbero presumibilmente anche cadere le più di 100 sanzioni statunitensi contro individui e imprese cinesi per la connivenza commerciale con la Russia, e potrebbero innescare un dialogo molto più corposo, ristabilendo anche una certa fiducia tra le parti.
In quest’ambito vanno notati, al termine degli incontri di Blinken, segnali positivi come la non menzione del ventilato bando di TikTok, l’annuncio di una vicina prima conversazione congiunta sull’intelligenza artificiale, lo scambio di informazioni militari, l’incremento di scambi culturali, l’invito a incrementare la presenza di studenti statunitensi nelle università cinesi.
Commerce et accès au marché, concurrence équitable et investissement, situations en Ukraine et au Moyen-Orient : la relation entre la Chine et l’Europe, la coordination entre nous, est décisive. pic.twitter.com/hi0c3Tx2iB
— Emmanuel Macron (@EmmanuelMacron) May 6, 2024
Sul contenuto degli incontri europei – il primo nel quinquennmio di Covid-19 – ci sarà tempo per ragionarne. Da rilevare che dei maggiori leader UE, Xi incontra solo Macron che, significativamente, ha invitato all’incontro del 6 maggio la presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen, che ha aperto e chiuso le due ore del trilaterale mattutino. Tre i messaggi fondamentali fatti pervenire all’ospite cinese. Il primo e più pressante: deve adoperarsi per far cessare la minaccia nucleare russa all’Europa e l’aggressione all’Ucraina, sapendo che l’UE è “determinata a fermare la guerra russa”. Il secondo: deve insistere nelle misure ambientali e contro il cambiamento climatico. Il terzo: deve accettare integralmente i principi del mercato, smetterla con le storture come i sussidi che generano eccessi di produzione riversando acciaio e auto elettriche nell’Ue e squilibrando la bilancia commerciale unionale.
Gli incontri successivi in Europa saranno con due piccoli Paesi: Ungheria e Serbia, ambedue piuttosto solidali con la Russia. Sullo sfondo, il viaggio che Putin ha annunciato farà a Pechino, nel corso di maggio.
Al termine di questo ciclo, si potrà dare un ragionevole giudizio sulla coerenza tra discorsi pubblici e scelte operative da parte di Xi. La guerra russa sta in piedi grazie alle sue forniture al collega d’autoritarismo del Cremlino: fu nel bilaterale del marzo 2023 a Mosca, mentre a Kyiv si pianificava la grande riconquista della primavera-estate poi fallita, che Xi promise di accrescere a dismisura le forniture necessarie a consentire all’utensile bellico russo di funzionare come una moderna macchina da guerra. Sta funzionando, purtroppo per l’Ucraina e l’UE. Se non cambia strategia, Xi non può pretendere che gli europei non gli alzino in faccia il dito indice. Il resto, nei rapporti euro-cinesi, verrebbe da sé.