A poche ore dall’inizio delle operazioni militari israeliane contro Hamas nella città meridionale di Rafah, una brigata corazzata delle truppe di Tel Aviv ha annunciato di aver conquistato tutta la porzione palestinese della città di frontiera confinante con l’Egitto.
Secondo fonti palestinesi, la 401esima Brigata delle IDF è entrata nel valico di Rafah nelle prime ore di martedì, attraversando la recinzione di confine nell’area di Kerem Shalom e avanzando nei quartieri a est della periferia di Rafah – di fatto assumendo il “controllo operativo” del cruciale valico di frontiera che è punto di ingresso degli aiuti nell’enclave assediata e di uscita per i civili in fuga verso l’Egitto.
Il network Yner parla di “spari di carri armati e bombardamenti di artiglieria di tanto in tanto nella zona” e ci sarebbero almeno 8 morti e numerosi feriti.
L’avanzamento tattico arriva al termine di 24 ore di tensione culminate nell’inattesa disponibilità del leader della milizia islamista palestinese, Ismail Haniye, ad accettare una bozza di cessate il fuoco mediato da Qatar ed Egitto per sospendere i combattimenti. Il gabinetto di guerra israeliano ha ciononostante sostenuto che la proposta validata da Hamas non fosse coerente con le esigenze dello Stato ebraico – rimandando a data da destinarsi la tregua nel conflitto che va ormai avanti da sette mesi e che seminato morte e distruzione nella Striscia di Gaza.
Lo Stato ebraico aveva sin da subito bollato la disponibilità di Hamas come “una proposta unilaterale senza coinvolgimento israeliano”. “Questa non è la bozza che abbiamo discusso con gli egiziani”, aveva detto un alto funzionario israeliano al sito Ynet, aggiungendo che “questo è un esercizio di Hamas volto a presentare Israele come chi rifiuta” l’intesa. Un’altra fonte israeliana aveva analogamente definito l’annuncio di Hamas “inaccettabile”.
Nel pomeriggio di lunedì era arrivato perciò il voto all’unanimità del gabinetto di guerra israeliano per procedere con l’invasione all’ultima roccaforte di Hamas “con l’obiettivo di fare progressi sulla liberazione degli ostaggi e sugli altri obiettivi di guerra”, ha dichiarato l’ufficio del primo ministro Benjamin Netanyahu.
Netanyahu ha comunque dichiarato che Israele invierà una squadra di negoziatori al Cairo “per esaminare la possibilità di raggiungere un accordo in termini accettabili per Israele”.
Un’offensiva totale a Rafah è ritenuta a più parti una decisione sciagurata secondo tutti i Paesi occidentali, inclusi gli Stati Uniti e l’ONU. Nel sud della Striscia infatti sono ammassati un milione e mezzo di palestinesi sfollati dal resto del territorio, e i rischi di un intervento massiccio sono enormi per la popolazione civile. Dal 7 ottobre, i morti palestinesi sarebbero quasi 35mila, le infrastrutture della Striscia distrutte.
Prima dell’inizio delle operazioni a Rafah, l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani Volker Turk aveva avvertito che una battaglia nella città più popolosa del sud di Gaza si sarebbe rapidamente trasformata in un’ecatombe umanitario.
“I gazesi continuano a essere colpiti da bombe, malattie e persino dalla carestia. E oggi è stato detto loro che devono trasferirsi ancora una volta, mentre le operazioni militari israeliane a Rafah aumentano”, ha dichiarato Volker Turk in un comunicato. “Tutto ciò è disumano”, ha aggiunto. “È contrario ai principi fondamentali delle leggi internazionali umanitarie e dei diritti umani, che hanno come preoccupazione principale l’effettiva protezione dei civili”.