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May 6, 2024
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Al via la terza settimana nel processo di Trump a Manhattan: ecco cos’è successo

Il tycoon ha ricevuto una multa da $1000 per aver violato di nuovo il "gag order" del giudice Merchan, che lo minaccia con la prigione

Marco GiustinianibyMarco Giustiniani
Al via la terza settimana nel processo di Trump a Manhattan: ecco cos’è successo

Trump all'udienza - Credit: Ansa

Time: 3 mins read

“Se continui a violare le disposizioni di questa corte andrai in prigione”, ha detto il magistrato Juan Merchan a Donald Trump in apertura dell’udienza del processo.

Il giudice incaricato del processo su Stormy Daniels contro l’ex presidente ha nuovamente multato Trump di 1.000 dollari per aver non aver rispettato l’ordine di silenzio e lo ha informato che sta valutando la possibilità di incarcerarlo, dato che le sanzioni economiche non sembrano funzionare. “L’ultima cosa che voglio è metterti in prigione – ha detto il giudice – ma alla fine ho un compito da svolgere”.

Merchan ha detto a Trump che la continua violazione del suo obbligo del silenzio, che gli proibisce di commentare pubblicamente testimoni, pubblici ministeri e giurati, rappresenta un “attacco diretto allo stato di diritto” e che non può permettere che ciò continui. Il tycoon deve affrontare 34 capi di imputazione per falsificazione di documenti aziendali all’epoca in cui voleva coprire la relazione sessuale extraconiugale con l’attrice porno Stormy Daniels durante la campagna del 2016. L’ex presidente ha ripetuto più volte di essere innocente e che questo processo è una caccia alle streghe.

“La continua e volontaria violazione dell’ordine della corte costituisce un attacco diretto allo stato di diritto”, ha detto Merchan rivolto sempre a Trump che scuoteva la testa mentre il giudice parlava e gli veniva consegnata la copia della decisione del magistrato per la sua decima violazione, con la condanna a una multa da mille dollari come per le nove precedenti.

Si è aperta così con un acuto la terza settimana della fase dibattimentale del processo in cui l’ex presidente è incriminato con 34 capi di imputazione per aver pagato con 130 mila dollari una donna, Stormy Daniels, attrice di film porno, che lo accusa di aver avuto una relazione con lui mentre la moglie Melania aspettava il figlio. Soldi pagati in nero che sarebbero stati mimetizzati dalla Trump Organization, come spese legali per rimborsare l’ex avvocato del tycoon Michael Cohen che li aveva anticipati. Un reato minore, che si è trasformato in un atto criminale perché quel denaro è stato dato per mettere a tacere una voce con cui avrebbe potuto giocarsi la sua elezione, quindi un pagamento in nero per coprire un finanziamento nascosto alla sua campagna elettorale.

Questa terza settimana di dibattimento procede veloce, solo pochi testimoni chiave devono ancora essere sentiti, ma sono anche i principali: Stormy Daniels e l’avvocato Michael Cohen.

Trump, dopo aver lamentato che voleva assolutamente farlo, non testimonierà, almeno così hanno detto i suoi avvocati. Non è chiaro se in seguito cambierà idea di nuovo.

I pubblici ministeri seguono la pista degli assegni emessi dalla Trump Organization, perché, come hanno raccontato questa mattina in aula, sono alla base del tentativo per cercare di nascondere il pagamento a Daniels.

Ed è proprio per gli assegni con cui l’avvocato Cohen è stato rimborsato che sul banco dei testimoni si sono seduti prima Jeffrey McConey, l’ex controllore contabile della Trump Organization e poi Deborah Tarasoff, la contabile che ha materialmente scritto gli assegni. Entrambi hanno parlato delle 11 fatture, degli assegni per sottolineare i rigidi controlli che venivano svolti prima di effettuare un pagamento. E proprio l’ammissibilità di questi documenti come prova è stata al centro di una lunghissima discussione tra avvocati difensori, pubblici ministeri. Alla fine il giudice Merchan li ha ammessi. Gli assegni, per 35 mila dollari, mostrano la firma del tycoon. Venivano mandati alla Casa Bianca dove l’allora presidente li firmava e li rimandava all’ufficio di New York. Particolari che rendono difficile alla difesa poter dire che Tump non sapesse che assegni stesse firmando.

McConney ha detto che l’allora diretore finanziario Allen Weisselberg, attualmente in prigione, gli disse di rimborsare Cohen per i 130 mila dollari che aveva anticipato di tasca propria. Non è chiaro perchè alla fine Cohen abbia ricevuto 420 dollari. I rimborsi avvenivano mensilmente ed erano di 35 mila dollari. Solo il primo assegno è stato di 70 mila dollari perché copriva due mesi.   Nove degli assegni mostrati in aula venivano dal conto personale di Donald Trump. Mentre Deborah Tarasoff ha detto che eseguiva alla lettera gli ordini di McConey. Ha raccontato come gli assegni che Trump doveva firmare venivano mandati alla Casa Bianca e poi nuovamente mandati alla Trump Organization. In tutti questi giri se ne perse pure uno il cui pagamento poi venne bloccato.

Un’udienza lunga e molto tecnica dove è stato eviscerato il meccanismo dei pagamenti per tentare di nascondere i soldi dati a Stormy Daniels in una azienda dove qualsiasi movimento finanziario doveva essere autorizzato da Trump.

Non si sa chi testimonierà domani mattina.

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Marco Giustiniani

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