Mosca avrebbe sistematicamente riversato sulle truppe ucraine sostanze chimiche messe al bando dalla comunità internazionale da oltre trent’anni.
A crederlo è il Dipartimento di Stato americano, che in una scheda informativa ha condannato la Russia per l’utilizzo sistematico di gas lacrimogeni e della cloropicrina, un composto oleoso inodore che irrita pelle e occhi di chi vi entra in contatto, inducendo tipicamente a vomito, bronchite ed edema polmonare.
Sebbene la cloropicrina venga tutt’ora utilizzata come pesticida in agricoltura quale fumigante, la Convenzione sulle armi chimiche (CWC) del 1993 – entrata in vigore nel 1997 e sottoscritta anche dalla Russia – ne vieta tassativamente l’utilizzo in guerra.
“L’impiego di tali sostanze chimiche non è un incidente isolato ed è probabilmente motivato dal desiderio delle forze russe di allontanare le truppe ucraine da posizioni fortificate e ottenere vittorie tattiche sul campo di battaglia”, ha affermato il ministero degli Esteri USA.
Che prosegue: la “continua inosservanza” della CWC da parte di Mosca “proviene dallo stesso manuale delle operazioni di avvelenamento di Navalny e di Sergei e Yulia Skripal con agenti nervini Novichok” (riferimento all’ex dissidente morto in una colonia penale siberiana e all’ex spia russa riparata in Regno Unito assieme alla figlia – tutti e tre presumibilmente avvelenati dai servizi segreti di Mosca).
Secca la smentita del Cremlino. “Come al solito, si tratta di annunci assolutamente infondati“, ha dichiarato giovedì ai giornalisti il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov, secondo il quale “la Russia è stata e rimane impegnata a rispettare i suoi obblighi di diritto internazionale in questo campo”. Formalmente, Mosca sostiene di non possedere più un vero e proprio arsenale chimico-militare, anche se da più parti si levano critiche sulla mancanza di trasparenza e perciò sull’impossibilità di ottenere un riscontro indipendente.
A detta dell’esercito ucraino, e secondo quanto riportato da Reuters a inizio mese, oltre alla cloropicrina i russi da almeno inizio anno starebbero facendo ampio ricorso anche a granate lacrimogene di tipo CS e CN. L’agenzia di stampa scrive che almeno 500 soldati di Kyiv sarebbero stati ricoverati a causa dell’esposizione a sostanze tossiche, e uno di loro sarebbe morto per soffocazione da gas lacrimogeni.
Anche dal fronte le notizie sono tutt’altro che di tenore positivo. Nonostante l’agognato sblocco di nuovi aiuti militari per 61 miliardi di dollari da parte di Washington, le truppe di Kyiv si trovano a fare i conti con una penuria di uomini e munizioni, che da settimane le costringe a un progressivo indietreggiamento nelle campagne che circondano Avdiivka, consolidando di fatto il dominio russo del villaggio strategico del Donbass conquistato da Mosca quasi tre mesi fa. Situazione che potrebbe peraltro peggiorare esponenzialmente con l’approssimarsi dell’annunciata – e ormai imminente – offensiva russa.

Nel frattempo, il Dipartimento del Tesoro di Washington ha annunciato mercoledì un nuovo pacchetto di sanzioni per oltre 300 imprese che avrebbero sostenuto o facilitato (anche solo logisticamente) le operazioni militari di Mosca in Ucraina. Oltre a quelle russe, nel mirino della Casa Bianca sono finite anche alcune aziende con sede in Cina, Turchia, Emirati Arabi Uniti, Azerbaigian, Belgio, e Slovacchia.
I destinatari sono accusati di aver aggirato le sanzioni occidentali e permesso al Cremlino di ottenere tecnologia bellica – in alcuni casi sostenendo che la strumentazione avesse in realtà scopi civili. In particolare, una decina di aziende di Pechino avrebbero fornito a Mosca “attrezzature aerospaziali, manifatturiere e tecnologiche a duplice uso” militare-civile. Appena una settimana fa, il segretario di Stato Blinken aveva fatto tappa a Pechino e avvertito Xi Jinping proprio delle conseguenze – economiche e politiche – del supporto indiretto cinese all’invasione russa.
Il Dipartimento di Stato ha inoltre ampliato la sua lista nera di soggetti sanzionati aggiungendo persone e aziende legate all’industria mineraria, metallurgica ed energetica russa, oltre a una serie di agenzie governative impegnate in progetti di sviluppo di armi chimiche e biologiche. Le sanzioni comprendono infine diverse persone coinvolte nella misteriosa morte del leader dell’opposizione extraparlamentare Alexei Navalny, avvenuta a febbraio in una colonia penale artica.