Chissà cosa avrebbe detto Paul Auster della sua Columbia sgomberata con la forza dalla polizia. Cosa avrebbe scritto a quegli studenti ebrei come lui che stavano nelle tende a protestare contro la guerra a Gaza di un Israele di cui si vergognano, o anche agli altri studenti ebrei che non si sentono al sicuro nello stesso campus. Di certo non sarebbe stato dalla parte di chi sta usando la forza e la violenza per mettere a tacere ogni possibilità di discussione, ogni diritto a manifestare il dissenso su quella che sta diventando la questione delle questioni e ciò quale è la linea rossa oltre la quale è lecito dire basta.
Perché di questo si tratta, lo sanno bene i corrispondenti di giornali e tv che qualche giorno fa in smoking e abiti lunghi sono andati alla annuale cena con il Presidente e lungo la strada hanno trovato quei ragazzi -forse qualcuno anche i loro figli- che gli urlavano vergogna, vergogna. Perché come al solito sono i ragazzi che alla fine alzano il cartello per dire basta, con una guerra che non assomiglia più nemmeno lontanamente al diritto a rispondere e difendersi dall’orrore di quel 7 ottobre che il mondo aveva dato a Israele.
Inutile ora mettere in fila le atrocità compiute in questi mesi a Gaza, inutile anche il balletto a cui assistiamo sulla ennesima proposta di tregua mentre Netanyahu avverte che andrà avanti fino alla vittoria totale. Il punto è che i ragazzi dei campus americani vedono quello che noi non vogliamo vedere, l’immoralità di una guerra che vuole lasciare il deserto dietro di sé. E noi invece di ringraziare per averci offerto una possibilità di tornare a contare, come mondo, invece di dire bene, troviamo una strada per fermare il massacro, abbiamo deciso di accettare il teorema ormai velenoso che dice se protesti contro il governo di Israele sei anti semita.
Certo, si può discutere se boicottare la collaborazione tra università sia la forma di pressione più giusta per convincere Netanyahu a fermarsi, d’altra parte finora le pressioni della comunità internazionale adulta che cosa hanno ottenuto? Certo, si deve isolare -e in ogni movimento ci sono sempre stati estremismi da combattere- chi affida ad Hamas, anche solo con uno slogan, la causa del popolo palestinese. Ma usare strumentalmente questo argomento per dire che tutti quelli che protestano sono sostenitori del terrorismo è davvero bendarsi gli occhi davanti alla realtà.
Ora non sappiamo come finirà tutto questo, se tra una settimana l’invasione di Rafah ci procurerà un nuovo sussulto di angoscia dolore e impotenza, se le cerimonie delle lauree di metà maggio alla Columbia e negli altri campus saranno tranquille solo perché circondate dalla polizia, se gli studenti arrestati saranno espulsi o riammessi. Di sicuro quei ragazzi hanno alzato per tutti noi il cartello che dice basta. Ai tempi del Vietnam ci fu un giorno in cui un Walter Cronkite al telegiornale della sera disse basta, raccogliendo quel cartello. E fu l’inizio della fine della guerra. Oggi vallo a sapere.