Se ne va il poeta della nostalgia di New York. Paul Auster, scrittore, regista ed attore, è venuto a mancare all’età di 77 anni, a causa di gravi complicazioni dovute a un cancro ai polmoni. L’autore, nel corso della sua lunga e rinomata carriera, ha scritto 34 libri, tra cui l’acclamata Trilogia di New York.
Gli era stata diagnosticata la malattia nel 2022. È morto nella serata di martedì, presso la sua abitazione di Brooklyn.
“Auster ha stabilito una delle nicchie più particolari della letteratura contemporanea”, ha scritto di lui il critico Michael Dirda nel 2008, “La sua voce narrativa è ipnotica come quella dell’Antico Marinaio. Iniziate uno dei suoi libri e alla seconda pagina non potrete fare a meno di ascoltarlo”.
Era nato a Newark, New Jersey, nel 1947, ma al centro della sua scrittura c’erano New York e soprattutto Brooklyn dove si era stabilito negli anni Ottanta.
Il suo primo romanzo, Città di vetro (City of Glass), fu rifiutato da 17 editori prima di essere pubblicato da una piccola casa editrice californiana nel 1985. Diventò la prima parte della Trilogia di New York. È la storia di uno scrittore di gialli assediato dal lutto (un tema ricorrente nell’opera di Auster) che attraverso un numero di telefono sbagliato viene scambiato per un investigatore privato di nome Paul Auster. Comincia ad assumerne l’identità. Un romanzo giallo? Il genere stava stretto ad Auster, come ad ogni grande scrittore, e come scrisse in Una vita in parole (A Life in Words), autoanalisi della sua opera, “anche di Delitto e castigo si potrebbe dire che è un giallo”.
Alcuni episodi lo segnarono profondamente. Secondo Auster, la sua vita da scrittore iniziò all’età di otto anni, quando non riuscì a ottenere un autografo dal suo eroe del baseball, Willie Mays, perché né lui né i suoi genitori avevano portato una matita alla partita. Da quel momento in poi ha portato la matita ovunque. “Se hai una penna in tasca, è molto probabile che un giorno ti venga la tentazione di iniziare a usarla”, scrisse in un saggio del 1995.
Mentre faceva un’escursione durante un campo estivo all’età di 14 anni, fu testimone della morte di un ragazzo, colpito da un fulmine: un evento che, a suo dire, “cambiò completamente” la sua vita e a cui pensava “ogni giorno”. Il caso, “comprensibilmente, divenne un tema ricorrente nella sua narrativa”, ha scritto la critica Laura Miller nel 2017. Un incidente simile si verifica infatti in uomo dei suoi più celebri romanzi, 4 3 2 1, che esamina quattro diverse versioni della vita del protagonista, un ragazzo ebreo nato a Newark come Auster; è stato candidato al Booker Prize, il più prestigioso premio letterario britannico, nel 2017.
Altro evento che sconvolse l’autore fu la morte del padre, nel 1979, o forse la sua vita stessa: nel suo memoir L’invenzione della solitudine scriveva “Un ragazzo non può vivere questo genere di cose senza esserne influenzato come uomo”, ricordando che col padre aveva “rapporto inamovibile, isolati l’uno dall’altro su lati opposti di un muro”.
Nel 2022, il settantasettenne era stato invece costretto a fare i conti con un’altra tragedia, la morte per overdose del figlio Daniel. Il suo ultimo romanzo è uscito ad ottobre 2023: Baumgartner racconta la storia di uno scrittore settuagenario vedovo, alle prese con la vecchiaia.

Auster era amatissimo anche in Europa, forse più che nel suo stesso paese, e in particolare era celeberrimo in Francia. “Da queste parti è solo un autore di best seller”, aveva detto di lui il New York Magazine, “a Parigi è una vera e propria rock star”. In questo primo maggio sono molti i quotidiani online che aprono con la notizia della sua scomparsa.