Columbia, NYU, CUNY, Fashion Institute of Technology, Yale, Emory, Northwestern, Cornell, George Washington, Princeton, UCLA, USC, Emerson College. Le proteste pro-Palestina si sono estese nei campus universitari da una costa all’altra degli Stati Uniti. C’è chi ha piantato le tende nel prato degli atenei, chi ha bloccato gli ingressi, chi canta, prega, manifesta ma in modo pacifico. Ma ci sono stati anche centinaia di arresti da parte della polizia.
La richiesta rimane sempre la stessa: le università taglino i fondi ad aziende e istituti che sostengono l’attacco di Israele nella Striscia di Gaza.
A New York, diverse università sono state occupate. Il campus della Columbia University, da dove tutto è cominciato il 18 aprile, è ancora pieno di tende ed è off-limit a chiunque non abbia il tesserino. Da una settimana le lezioni sono trasmesse online, dopo che durante una manifestazione sono state arrestate più di cento persone. La presidente, Minouche Shafik, sta negoziando con una delegazione di studenti per tentare di liberare il pratone dalle tende e prepararsi alla giornata delle laurea per i primi di maggio. Per il momento, sono stati costruiti i palchi sulla scalinata della Low Memorial Library e gli addetti ai lavori continuano a montare, dove possibile, il resto delle impalcature. Le sedie, invece, hanno riempito i vialetti in attesa di essere sistemate nei recinti al posto delle tende. Oltre ai cartelli e alle bandiere pro-Palestina, sono comparse anche quelle israeliane con rose rosse a ricordare le vittime e volantini con foto degli ostaggi di entrambe le nazioni. Nessuno è disposto a rilasciare interviste o commenti. Gli unici autorizzati a parlare sono i rappresentanti delle varie society che rilasceranno comunicati stampa non appena avranno aggiornamenti sui colloqui con l’amministrazione.



A qualche strada di differenza, nel cuore di Harlem, anche il campus del City College è stato preso d’assalto dopo le manifestazioni che ci sono state davanti alla sede della CUNY a Midtown. Su Instagram si legge: “In solidarietà con la Palestina, seguendo l’eredità degli organizzatori studenteschi del CUNY che ci hanno preceduto, abbiamo istituito il CUNY GAZA Solidarity Encampment presso il City College, il più antico campus della City University of New York.” Fra le tende è stata eretta una bandiera, insieme a quella a stelle e strisce, che cita: “Gli studenti del CUNY resistono al sionismo con qualsiasi mezzo necessario”. Fra le richieste avanzate all’amministrazione, anche quella di cancellare le borse e i viaggi di studio Birthright e Fulbright.

Alla NYU gli studenti posizionati davanti alla sede principale di Bleecker Street gridano “Palestina libera”. Hanno in mano grandi bandiere e kefia arrotolati in testa e sul volto per non farsi riconoscere, nessuno di loro vuol rilasciare dichiarazioni.
Dopo gli oltre cento arresti dei giorni scorsi l’amministrazione del campus ha tentato di negoziare con gli studenti che hanno accettato di rimuovere in parte le tende. Ieri sera, 26 aprile, però la tensione è tornata a salire e in serata agenti con divise anti-sommossa sono di nuovo penetrati all’interno dell’edificio fra le proteste e i fischi dei presenti.
La New School e il Fashion Institute of Technology sono stati barricati. Gli studenti, non avendo a disposizione un prato, hanno montato le tende dentro i corridoi degli edifici. Chi non è riuscito a entrare ha steso dei teli sul marciapiede e ci è rimasto fino a quando le autorità non sono intervenute per liberare il passaggio. Il museo del FIT è stato chiuso per motivi di sicurezza.


A Cambridge, in Massachusetts, l’ateneo di Harvard è stato messo sotto assedio. In poco tempo sono state montate le tende e gli studenti si sono riuniti per protestare. Il campus è stato blindato. Questa situazione va avanti da mesi. A gennaio la presidente Claudine Gay si è ritirata dopo essere stata accusata di plagio e per non aver fatto abbastanza per proteggere i giovani ebrei iscritti.
A New Haven, gli studenti si uniscono alle manifestazioni pro-Israele e pro-Palestina convivendo in modo pacifico nel campus di Yale con preghiere in ebraico e arabo e attività di ritrovo e riflessione, dopo giorni di scontri e arresti, 48 per la precisione. Sono finalmente cominciate le negoziazioni con l’amministrazione per smettere di investire nelle aziende e atenei che supportano Israele.
Ad Austin, decine di manifestanti della Texas University sono stati arrestati. Il procuratore della contea di Travis, Delia Garza, ha affermato che sono state respinte le accuse di tutti i 57 studenti fermati per “mancanza di dichiarazioni di colpevolezza”. Il governatore dello Stato, Greg Abbott, ha commentato con un post su X: “Dovrebbero essere in prigione. L’antisemitismo non sarà tollerato in Texas. Gli studenti che si uniscono a proteste piene di odio e antisemite in qualsiasi college o università pubblica del Texas dovrebbero essere espulsi”.


A Washington, le comunità ebraica e musulmana della George Washington University si sono unite in preghiera per chiedere il cessate il fuoco. Sono scesi nelle strade anche gli studenti delle scuole superiori per supportare la causa. “Rimanere in silenzio ci rende complici di questi crimini contro l’umanità”, si legge su un post di Instagram degli organizzatori.
A Los Angeles, è arrivata con stupore la notizia che la University of Southern California ha annullato la cerimonia di consegna dei diplomi sul palco principale, in seguito a decine di arresti durante la notte fra giovedì e venerdì. “Comprendiamo che rappresenti una delusione. Ma stiamo aggiungendo molte attività per rendere questo evento significativo, memorabile a livello accademico”, si legge nel comunicato pubblicato dall’università. Il Dipartimento di Polizia di Los Angeles ha registrato 93 arresti. In questo caso, gli studenti hanno cominciato a protestare quando l’amministrazione ha cancellato il discorso finale assegnato ad Asna Tabassum, Valedictorian 2024 (titolo che viene conferito alla persona che si distingue come eccellenza accademica), perché aveva pubblicato dei video “pro-Palestina e anti-Israele”.
Si tratta di uno scenario eccezionale: la USC, fondata 144 anni fa, non ha precedenti storici di manifestazioni di questo calibro o scontri con la polizia. L’ambiente è totalmente diverso, soprattutto più calmo, rispetto ad altre due università californiane. Nei campus della Berkley e di Stanford a San Francisco, da sempre molto politici e attivi, centinaia di studenti da una settimana si sono accampati chiedendo il cessate il fuoco.

Alla Princeton University, in New Jersey, un centinaio di studenti ha partecipato alle manifestazioni piantando le tende nel campus fregandosene degli avvertimenti dell’amministrazione. Il presidente Christopher Eisgruber ha risposto che la politica di libertà di espressione dell’università include “un chiaro ed esplicito divieto di accampamenti”. E sono seguite le minacce della vicepresidente Rochelle Calhoun: “Qualsiasi laureando che partecipi a un’occupazione o un’altra condotta illegale di disturbo che si rifiuti di smettere dopo un ammonimento sarà arrestato e subito bandito dal campus”. Per il momento, tutte le tende sono state tolte volontariamente.

Dove, invece, sono state piantate per la prima volta è in un altro campus del New Jersey: alla University of Pennsylvania (UPenn) a Philadelphia. Gli studenti sono gli ultimi a essersi aggiunti alla protesta e per il momento non ci sono stati scontri né minacce o comportamenti ostili.
Ad Atlanta, la situazione alla Emory University è degenerata nella violenza. Nei giorni scorsi, alle tende degli studenti si sono unite anche quelle di diversi attivisti esterni all’università. Secondo il Dipartimento di Polizia, gli agenti sono stati “accolti con aggressività” mentre cercavano di mettere in sicurezza gli spazi. I media locali hanno riportato che sono stati usati manette, taser, gas lacrimogeni e palline al peperoncino per sedare la folla. Decine di persone sono state caricate sui furgoncini e arrestate.
A Boston, dal 22 aprile sono cominciate le proteste degli studenti di MIT, Tufts University ed Emerson College, a cui sono seguite il 24 aprile quelle di Harvard, Northeastern. La situazione più critica è nel campus di Emerson, dove almeno 100 persone sono state arrestate dalla polizia mentre cercava di smantellare l’accampamento. Gli iscritti all’università hanno votato una risoluzione per chiedere le dimissioni del presidente Jay Bernhardt. Alcuni membri del Consiglio della città si sono espressi in merito ricordando l’importanza di manifestare in modo pacifico.


