La Cina potrebbe cercare di conquistare parte della Luna entro pochi anni, afferma la Nasa.
Il suo attuale amministratore, Bill Nelson, teme che i programmi civili lanciati dalla Cina in nome della scienza siano in realtà riconducibili ad operazioni militari segrete. Da qui la conclusione spiazzante “Penso, in effetti, che siamo in gara”.
Le intenzioni dell’America prendono le distanze da antagonismi, afferma Nelson; il tentativo è, al contrario, quello di raggiugnere l’obiettivo per primi e portare avanti ricerche scientifiche a scopi pacifici. Resta tuttavia incombente lo spettro di una rivalità che ha tutto il sapore di un’interferenza da parte della Cina nelle azioni spaziali americane “Ovviamente non vogliamo interferire gli uni con gli altri” ribadisce l’amministratore della Nasa “la mia preoccupazione sarebbe constatare che la Cina arrivi per prima sulla Luna e dichiari “Okay, questo è territorio nostro e voi rimanete fuori”.
Una corsa all’oro nonostante la presenza, dal 1967, di un trattato internazionale che regolamenta l’attività di esplorazione ed uso dello spazio extraatmosferico, anche noto come The Outer Space Treaty. I 17 articoli che lo compongono sottolineano chiaramente che tutte le azioni spaziali devono essere condotte nell’interesse di tutti i Paesi, Luna inclusa. Ciò conduce ad una conseguenza univoca: nessuna nazione può rivendicarne il possesso integrale né parziale, a prescindere da quando vi abbia messo piede sopra. Il che dovrebbe lasciare intendere la bontà delle azioni in atto da parte della Cina.
Permane tuttavia il sospetto da parte degli Stati Uniti che la situazione non sia così cristallina: i passi da gigante compiuti negli ultimi dieci anni dalla Cina e, soprattutto, il fatto che questa non giochi a carte scoperte destano seri dubbi in merito. Nonostante gli Stati Uniti possano infatti vantare il primato quando si parla di “space race”, grazie all’allunaggio di Neil Armstrong nel 1969, la Nasa ha scelto di mettere in atto una mossa preventiva richiedendo 25,4 miliardi di dollari come budget per il 2025, poiché, in un qualche modo, si sente minacciata. Nel frattempo si sta impegnando dal 2022 nel programma lunare Artemis, il cui primo lanciato è avvenuto con successo nel novembre dello stesso anno (dopo alcuni tentativi falliti) allo scopo di riportare gli astronauti americani sulla superficie lunare. La missione Artemis 2, inizialmente prevista per la fine del 2024, è invece rimandata a settembre 2025 quando il veicolo spaziale Orion eseguirà un sorvolo sulla Luna. Sono immense le aspettative anche per la missione numero 3, programmata per settembre 2026, il cui obiettivo cardine è quello di studiare il polo sud lunare in quanto plausibilmente ricco di ghiaccio e, dunque, un ottimo trampolino di lancio per la costruzione di basi a lungo termine necessarie per future missioni nello spazio. La Nasa si è altresì attivata per esaminare a fondo il territorio lunare e le risorse che questo offre, avanzando un progetto di scavo che prenderà presumibilmente avvio dal 2032.
Scelte dettate da timori fondati, dal momento che la Cina sta gradualmente prendendo il sopravvento rivelandosi un rischioso competitor: non solo si è ripromessa di riuscire nell’impresa di mandare astronauti sulla Luna nell’arco di pochi anni, per la precisione entro la fine del 2030, e costruire una base permanente sulla luna ma, senza ulteriori indugi, nell’arco di 11 missioni avvenute tra il 2021 e il 2023, il 29 aprile 2021 ha lanciato il primo modulo della propria stazione spaziale, the Tiangong space station. Un articolo apparso sulla rivista Acta Optica Sinica suggerisce inoltre che la Cina voglia realizzare un sistema di sorveglianza con la capacità di “individuare e mirare a tutti i bersagli sospetti”.