Respingendo il ricorso presentato dall’attivista di Black Lives Matter DeRay Mckesson, lunedì la Corte Suprema ha evitato di decidere se il leader di una manifestazione può essere citato in giudizio per un infortunio a un agente di polizia causato da un altro manifestante. Mckesson, che stava guidando una protesta a Baton Rouge nel luglio 2016, in seguito all’uccisione di un uomo di colore da parte della polizia, deve affrontare una causa intentata da un agente che è stato colpito alla testa da una pietra, lanciata da una persona non identificata.
L’attivista di BLM, che è rappresentato dall’American Civil Liberties Union, sostiene che le sue azioni di protesta sono protette dal Primo Emendamento della Costituzione, che garantisce la libertà di parola e il diritto di riunione. “L’obiettivo di cause come queste è quello di impedire alle persone di presentarsi a una protesta per paura di essere ritenute responsabili in caso di incidenti”, ha dichiarato il trentottenne originario di Baltimora, “Ma la gente non deve avere paura di presentarsi. La Costituzione protegge ancora il nostro diritto di protestare”.
Nessun giudice ha dissentito dalla decisione della Corte di non ascoltare il caso. Il magistrato liberale Sonia Sotomayor ha inoltre scritto una dichiarazione in cui spiega perché la Corte non aveva bisogno di intervenire. Il rifiuto da parte di quest’ultima, “non esprime alcuna opinione sul merito della richiesta di Mckesson”, ha aggiunto.
L’agente che lo ha citato in giudizio, sostiene che l’attivista di BLM è stato negligente secondo la legge della Louisiana, non avendo previsto che la protesta potesse sfociare in violenza. Il poliziotto, in seguito all’aggressione da parte di un manifestante, avrebbe perso alcuni denti denti, subendo anche una lesione cerebrale.
Il caso ha già fatto il giro dei tribunali. Inizialmente, nel 2017 un giudice federale aveva stabilito che Mckesson non poteva essere citato in giudizio, ma la Corte d’Appello del Quinto Circuito degli Stati Uniti, con sede a New Orleans, ha ribaltato tale decisione. Quest’ultima ha affermato che l’agente ha sostenuto in modo plausibile che Mckesson ha contribuito a creare una situazione non sicura, radunando il corteo all’esterno della stazione di polizia, e conducendo i manifestanti su una strada pubblica, cosa illegale in Louisiana.
Gli avvocati del poliziotto, inoltre, affermano che il Primo Emendamento “non protegge dalla responsabilità civile per le conseguenze ragionevolmente prevedibili di una propria attività negligente, illegale e pericolosa”. Per questo motivo, dunque, il trentottenne decise di appellarsi alla Corte Suprema, con la speranza di vedere ribaltata la decisione presa a New Orleans.