La procuratrice generale dell’Arizona Kris Mayes, una democratica, ha dichiarato ai giornalisti che non applicherà la legge risalente al 1864 che vieta l’aborto tranne nel caso in cui la donna sia in pericolo di vita. L’ordinamento 13-3603 risalente all’era della Guerra Civile giaceva dimenticato tra le normative dello Stato, fino a quando nei giorni scorsi la Corte Suprema governativa l’ha dichiarato in vigore.
“Voglio essere assolutamente chiara – ha affermato Mayes – finché sarò procuratrice generale, in questo Stato nessuna donna o medico sarà perseguito in base a questa legge draconiana”. La norma riesumata dell’Arizona ha reso l’aborto un reato punibile da due a cinque anni di carcere per chiunque lo esegua o aiuti ad ottenerne uno.
Ai microfoni della stazione NPR, Mayes ha spiegato che “non si può considerare costituzionale una legge restrittiva dei diritti delle donne passata quando queste non avevano ancora il diritto di voto”. Per ora l’ufficio della procuratrice userà i 45 giorni utili per contrastare il divieto lavorando affinché non venga mai attuato. Mentre è impegnata a discutere con i colleghi le potenziali alternative, in particolare dare la chance al personale medico sanitario coinvolto e alle donne che decidano di interrompere la gravidanza di recarsi in altri Stati: “Vedo la possibilità di avere un rifugio sicuro in California per i nostri medici, infermieri e provider” – ha detto.
Il governatore democratico della California Gavin Newsom, subito dopo la decisione della Corte Suprema di Phoenix ha postato un messaggio sui social in cui indicava la California “pronta a fornire agli abitanti dell’Arizona accesso alla relativa assistenza sanitaria”.
Al momento la Corte Suprema dell’Arizona ha disposto la sospensione della sua decisione per 14 giorni, così che un tribunale di grado inferiore possa prendere in considerazione “ulteriori prove costituzionali”. Stessi giorni utili anche per i sostenitori dei diritti che intendano fare appello alla sentenza. Nel frattempo, una causa distinta e in corso consentirebbe a chi pratica gli aborti di continuare a fornire il servizio, permesso non oltre la quindicesima settimana di gravidanza, fino alla fine di maggio.
La sentenza in questione è l’ultima battuta d’arresto per il diritto all’aborto da quando la Corte Suprema, nel 2022, ha ribaltato la storica sentenza Roe vs Wade, che garantiva il diritto costituzionale all’interruzione volontaria di gravidanza . Da allora, quasi dodici Stati hanno disposto il divieto o ne hanno fortemente limitato l’accesso, dando il via ad un’ondata di sfide legali in tutti gli Stati Uniti.