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April 10, 2024
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Repubblicani nel panico dopo sentenza della Corte Suprema in Arizona

L'aborto sarà uno degli argomenti decisivi nelle elezioni presidenziali di novembre

Massimo JausbyMassimo Jaus
L’Arizona vieta l’aborto con una legge del 1864

Gli alti giudici della Corte Suprema dell'Arizona - Credit: AZ Supreme Court website

Time: 3 mins read

Panico fra i repubblicani. La decisione di martedì della Corte Suprema dell’Arizona di sostenere un divieto quasi totale dell’aborto rispolverando una legge di 160 anni fa, prima che quella zona del Far West venisse riconosciuta come uno Stato dell’Unione, sta infiammando questa prima parte della campagna elettorale in vista delle presidenziali a novembre. Ha messo in allarme i membri del GOP che, prima della sentenza, affermavano di essere “al 100% pro-life”.

Lo stesso ex presidente Donald Trump solo due giorni fa aveva sottolineato come la sua scelta per la nomina di tre magistrati conservatori alla Corte Suprema federale fosse stata strumentale affinché la sentenza Roe vs. Wade venisse annullata e desse la possibilità a ogni singolo Stato dell’Unione di scegliere la propria politica in materia dell’interruzione della gravidanza.

E ora questa sentenza dei magistrati di Phoenix si sta trasformando in un harakiri politico per i repubblicani dell’Arizona, Stato essenziale in vista delle elezioni più difficili da interpretare.

Questo mentre i democratici hanno immediatamente lanciato una massiccia campagna in Arizona per proteggere i diritti delle donne sulla maternità. La vicepresidente Kamala Harris ha in programma di recarsi a Tucson venerdì per la sua “lotta per le libertà riproduttive”.

“L’Arizona ha appena riportato indietro l’orologio a un’epoca in cui le donne non potevano votare – e, per sua stessa ammissione, c’è una persona responsabile: Donald Trump”, ha detto Harris annunciando la sua trasferta. Anche il presidente Joe Biden, in un comunicato alla Casa Bianca, ha criticato il divieto dell’Arizona, definendo le restrizioni “crudeli” e “il risultato dell’agenda estrema dei funzionari repubblicani eletti che si impegnano a strappare la libertà alle donne”.

Dopo la decisione dei magistrati conservatori è cominciato il balletto dei distinguo da parte dei candidati repubblicani. Kari Lake sostiene la posizione di Trump sull’aborto e ha affermato che si sarebbe opposta sia ai “finanziamenti federali” che ai “divieti federali” in merito al Senato. È la stessa che, dopo quattro riconteggi, ancora contesta che le elezioni del 2020, in cui è stata sconfitta, erano state vinte con i brogli dai democratici e che alle prossime elezioni si è candidata al Senato per il seggio una volta occupato dalla senatrice democratica, poi indipendente, Kyrsten Sinema, che ha deciso di non ricandidarsi. I suoi slogan elettorali sono “Lake pro-life 100%” e “Save the Unborn Babies”. “Mi oppongo alla sentenza e chiedo alla governatrice Katie Hobbs e alla legislatura statale di trovare una soluzione immediata e giusta per gli abitanti dell’Arizona”. Dichiarazioni che non fanno cenno al fatto che Hobbs sia democratica e che l’Assemblea Statale, a maggioranza repubblicana, abbia bocciato i due tentativi dei democratici di varare una legge che permetta alle donne di interrompere la maternità.

Anche il deputato David Scheikert, che nel 2022 si dichiarava felice del fatto che la Corte Suprema federale avesse abolito il diritto costituzionale all’aborto, ha criticato i magistrati dell’Arizona, affermando che la questione “deve essere decisa dai cittadini, non dai tribunali”.

Con lui il parlamentare Juan Ciscomani, che rappresenta un distretto altalenante, il quale ha definito la sentenza “un disastro per le donne e i medici”. È lo stesso che aveva elogiato la decisione della Corte Suprema federale che aveva abolito il diritto costituzionale “e dava allo Stato dell’Arizona il diritto di scegliere”.

La campagna elettorale del parlamentare democratico Ruben Gallego, che a novembre punta al seggio al Senato che era di Kyrsten Sinema, ha già fatto circolare i video di Lake che aveva definito la legge antiaborto dell’Arizona del 1860 una “grande legge”. “Questa vittoria dei politici estremisti come Kari Lake priva le donne del diritto di prendere le proprie decisioni sulla maternità”, aggiungendo che è “impegnato a fare tutto il necessario per proteggere il diritto all’aborto a livello federale”.

Il gruppo Arizona for Abortion Access è al lavoro per ottenere un emendamento costituzionale da inserire nelle schede elettorali di novembre che sancisca l’accesso all’aborto chiedendo che venga modificata la Costituzione dello Stato. Il collettivo ha dichiarato all’inizio di questo mese di aver raccolto più di 500 mila firme, superando la soglia necessaria per chiedere il referendum.

La presidente dell’associazione Susan B. Anthony Pro-Life America, Marjorie Dannenfelser, che si oppone all’aborto, ha definito la decisione dei magistrati conservatori una “enorme vittoria per i bambini non ancora nati e le loro madri” e ha indicato che gli oppositori lavoreranno per sconfiggere l’iniziativa elettorale.

I sondaggi mostrano chiaramente che l’aborto potrebbe essere un argomento decisivo per gli elettori dell’Arizona. Uno fra questi del Wall Street Journal, condotto tra il 17 e il 24 marzo nei 7 Stati incerti, mette in risalto come la stragrande maggioranza dei votanti  sia favorevole alla politica di Biden su questo tema. Secondo il New York Times-Siena College, il 59% degli elettori ritiene che l’interruzione di gravidanza debba essere sempre o nella maggioranza dei casi legale. Mentre un altro, pubblicato a marzo da Fox News, registra che per il 39% degli elettori dell’Arizona l’aborto sarà una questione estremamente importante per il voto delle presidenziali.

Lo stratega repubblicano, Stan Barnes, ha detto che la sentenza è stata “uno shock per i repubblicani dell’Arizona” e che avrà “un tremendo impatto sul risultato elettorale del 2024”.

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Massimo Jaus

Massimo Jaus

Massimo Jaus, romano e tifoso giallorosso. Negli Stati Uniti dal 1972. Giornalista professionista dal 1974. Vicedirettore del quotidiano America Oggi dal 1989 al 2014. Direttore di Radio ICN dal 2008 al 2014. È stato corrispondente da New York del Mattino di Napoli e dell’agenzia Aga. Massimo Jaus. Originally from Rome and a Giallorossi fan. In the United State since 1972. A professional journalist since 1974. Deputy Editor of the daily paper America Oggi from 1989 to 2014. Has been New York correspondent for Naples' "il Mattino" and for Agenzia Aga.

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