Un altro no per Trump. E questo anche un po’ comico. Gli avvocati dell’ex presidente hanno fatto appello questa mattina alla decisione emessa il mese scorso dal giudice Juan Merchan con cui gli aveva vietato di esprimere pubblicamente giudizi offensivi e denigranti sui testimoni, sul personale del tribunale, sugli inquirenti e anche su sua figlia. Il magistrato presiede il processo che lunedì prossimo vedrà il tycoon in un’aula a New York.
L’avvocato di Trump, Emil Bove, questa mattina alle 10:30 ha depositato la richiesta di revisione alla Appellate Court e alle 11 è arrivata la risposta del magistrato Cynthia Kern: l’ha respinta e definita un inutile tentativo di ritardare l’inizio del processo.
Ieri gli avvocati dell’ex presidente in un’altra richiesta fatta alla Appellate Court avevano cercato non solo di rinviare la data del processo ma di spostare il giudizio fuori dalla Manhattan fortemente democratica. I suoi avvocati hanno affermato che da un sondaggio condotto tra i residenti di Manhattan è emerso che il 61% degli intervistati pensava che Trump sia colpevole e il 70% ha un’opinione negativa di lui. E anche in questo caso la Appellate Court aveva rigettato la domanda degli avvocati di Trump.

Ieri il giudice Juan Merchan ha rilasciato il questionario che intende utilizzare per la selezione dei giurati.
Il magistrato ha inviato una lettera all’avvocato di Donald Trump, Todd Blanche, e al pubblico ministero della procura Distrettuale di Manhattan, Joshua Steinglass, in cui elenca le 42 domande che utilizzerà per scegliere i membri della giuria popolare, 12 effettivi e due supplenti.
Trump si è dichiarato non colpevole dalle accuse di 34 reati per i quali è stato incriminato, dalla falsificazione di documenti aziendali al finanziamento illecito della campagna elettorale. La falsificazione dei documenti aziendali è una violazione minore che, però, se viene commessa nel tentativo di nascondere un altro illecito, si trasforma in una infrazione molto più grave mutando una trasgressione, punibile con una multa, in un reato di “Classe E”, punibile con la prigione.
Secondo l’accusa, Trump fece pagare alla sua holding, la Trump Organization, 420 mila dollari nascondendoli come rimborsi per le spese legali al suo allora avvocato Michael Cohen. Soldi che furono usati, invece, per “comprare” il silenzio di Stormy Daniels, un’attrice di film per adulti il cui vero nome è Stephanie Clifford, e di un’altra donna, l’ex coniglietta di Playboy, Karen McDougal. Entrambe affermano di aver avuto una relazione con Trump e volevano che gli elettori fossero messi a conoscenza delle sue scappatelle sessuali a poche settimane delle elezioni del 2016. Il denaro venne pagato in una dozzina di rate falsamente contabilizzate come spese legali. E questa è la “violazione minore” che si è trasformata in un reato molto più grave perché i soldi dati alle due donne non furono registrati come donazioni per la campagna elettorale dell’ex presidente dato che con le loro testimonianze avrebbero potuto pregiudicare la sua elezione.

Il giudice Merchan ha respinto le argomentazioni del team legale di Trump, secondo cui ai potenziali giurati dovrebbe essere chiesto se condividono le simpatie politiche del candidato presidenziale repubblicano. “Tali domande sono irrilevanti perché non riguardano la questione delle qualifiche del potenziale giurato”.
Tuttavia, ai potenziali giurati verrà chiesto se hanno sentimenti od opinioni su come viene trattato Trump in questa vicenda giudiziaria portata avanti dal procuratore distrettuale di Manhattan Alvin Bragg. Domande permesse anche sui media che leggono o guardano.
Altri quesiti includono se un potenziale giurato sia membro di un movimento estremista come QAnon, Proud Boys o Antifa.
Ai giurati verranno inoltre poste domande standard, tra cui lo stato civile, quello lavorativo, gli hobby, i precedenti penali e potenziali conflitti che possono avere con il loro lavoro se dovessero essere chiamati a far parte della giuria. Merchan ha deciso, come è stato fatto per il processo penale della Trump Organization, di non prendere giurati che abbiano simpatie o antipatie preconcette per l’ex presidente.
Trump ha definito il caso, portato avanti dal procuratore distrettuale di Manhattan Alvin Bragg, una caccia alle streghe partigiana e un’ingerenza elettorale.
Steven Wu, un avvocato della procura distrettuale, ha sostenuto che la questione rilevante non era se ai potenziali giurati piacesse Trump, ma se potessero essere imparziali per decidere il caso in modo equo e basandosi esclusivamente sulle prove presentate in tribunale.