L’ex presidente Donald Trump ha depositato presso il tribunale di Manhattan il bond da 175 milioni di dollari come garanzia di pagamento per presentare appello alla sentenza in cui è stato condannato a risarcire lo Stato di New York. Inizialmente avrebbe dovuto pagare oltre 450 milioni per la frode con i suoi asset gonfiati.
Il “bond” è stato emesso dalla società di assicurazioni Knight Specialty Insurance Company. La settimana scorsa, i giudici della Appellate Court di New York avevano concesso all’ex presidente altri 10 giorni di tempo prima di procedere al pignoramento delle sue proprietà e avevano drasticamente tagliato da 464 a 175 milioni la cifra da depositare per poter fare l’appello.
Il “bond” è una garanzia finanziaria richiesta nel sistema giudiziario americano e riguarda gli appelli per i processi di diritto civile. Quando una parte perde una causa e decide di fare ricorso, deve fornire un “appeal bond” per garantire che se chi lo richiede dovesse perdere di nuovo sarà in ogni caso in grado di coprire i costi e i danni che l’altra parte ha subito. Un modo per evitare anche che chi è stato condannato non faccia appello solo per rinviare il pagamento.
Per Trump comunque non è stata una giornata tranquilla. A Wall Street la sua compagnia Media & Technology Group, proprietaria del social Truth, ha fatto un pesce d’aprile agli azionisti e ha perso più del 20 per cento in una sola seduta. L’ex presidente, che è il maggiore azionista al 57 per cento, ha perso quasi un miliardo di dollari. Il valore globale di Trump Media è sceso a 3,7 miliardi. Soltanto la settimana scorsa, la compagnia era stata quotata 6 miliardi con una valutazione potenziale di undici miliardi. Ma tutti i trader di Wall Street avevano affermato che si trattava di una delle sopravvalutazioni gonfiate di Trump. Trascorso il weekend, come sono stati resi pubblici i dati finanziari che mostravano il reale valore societario e come la compagnia sia stata in grado di generare solo 750 mila dollari di ricavi nel quarto trimestre, con una perdita del 39 per cento rispetto allo stesso periodo di un anno fa, a Wall Street è cominciata la vendita delle azioni di Media & Technology Group. Inoltre il bilancio annuale ha mostrato i miseri ricavi ottenuti, solo 4,1 milioni di dollari, per un investimento di quasi 4 miliardi. Trump Media ha registrato nel 2023 globalmente perdite per 58 milioni, dopo i 50,5 milioni di profitti del 2022. Donald Trump, nelle scorse settimane, era riuscito a rastrellare più di 300 milioni in contanti grazie alla fusione con un’altra società. In molti ora si chiedono se questa fusione non sia stata un’ultima stoccata tirata in extremis per trovare i soldi per il bond. Il tonfo a Wall Street rischia di lasciare il segno non solo sulle sue finanze ma anche di scalfire ulteriormente la sua immagine pubblica. Trump detiene 78,8 milioni di azioni e c’è attesa per capire come reagirà oggi Wall Street. Le perdite registrate sono state talmente clamorose da spingere gli stessi revisori dei conti di Trump Media ad ammettere dubbi sulla tenuta del titolo e a invitare alla cautela nelle prossime settimane.

Il mese, dunque, non è cominciato bene per l’ex presidente che tra due settimane affronterà il primo processo penale a New York in cui è imputato di aver pagato in nero, usando i soldi della sua holding, la pornostar Stormy Daniels e l’ex coniglietta di Playboy Karen McDougal. Trump è accusato di aver comprato il loro silenzio nel 2016 affinché le due donne non rivelassero di aver avuto con lui una breve relazione sessuale extraconiugale. Una confessione che, in piena campagna presidenziale, avrebbe potuto pregiudicare le sue possibilità elettorali.

Ora, dopo che ha creato la Bibbia elettorale con la sua fotografia, questo imbarazzante processo con la pornostar rischia di metterlo alla berlina proprio nel mezzo della sua campagna elettorale. Un procedimento meno rischioso dei quattro pendenti, sia politicamente che in termini di potenziale condanna. Ma nel caso fosse riconosciuto colpevole e venisse eletto presidente, non potrà concedersi la grazia, trattandosi di reati statali. Così come per quello in Georgia.
Il giudice chiamato a decidere il caso, Juan Merchan, è già stato coperto di insulti da Trump così come lo è stato il giudice Arthur Engoron nel processo civile sulle frodi per gli asset gonfiati. Nei giorni scorsi il magistrato aveva emesso un “ordine del silenzio” che proibiva a Trump di insultare, minacciare e fare commenti ostili ai testimoni, al personale del tribunale e agli inquirenti. Trump nel weekend se l’è presa con la figlia del giudice che ha postato una foto che a lui non è piaciuta. Per tutta risposta ieri sera il giudice Merchan ha ampliato la sua disposizione includendo anche sua figlia tra le persone off limits negli insulti dell’ex presidente.