Sull’aborto, in Florida saranno gli elettori a decidere. La Corte Suprema dello Stato ha confermato il divieto di abortire nelle prime 15 settimane di gravidanza: è consentito, come dalla legge approvata nel 2023 dal Parlamento della Florida, solo nelle prime sei – un lasso di tempo in cui molte donne non sanno neanche di essere incinte. Tuttavia, in una sentenza parallela la Corte dichiarato che a novembre nelle schede elettorali debba comparire un referendum sulla materia, anzi sull’inserimento nella Costituzione statale di un emendamento che tutelerebbe il diritto all’aborto.
In Florida per approvare via referendum un emendamento costituzionale serve il sì di almeno il 60% dei votanti. Se passasse, l’emendamento renderebbe carta straccia le leggi ora esistenti in materia. Per questo, i vescovi cattolici hanno espresso disappunto per il via libera, mentre l’associazione per la tutela della salute riproduttiva Planned Parenthood ha accolto con favore la decisione della Corte, sottolineando l’importanza di garantire alle donne l’autonomia sul proprio corpo.
Nel frattempo però, e fino a novembre almeno, la Florida diventa uno degli Stati con la legislazione più restrittiva in Usa sulla interruzione di gravidanza. E torna ad essere un terreno di battaglia cruciale nella corsa alle presidenziali. La presenza dell’emendamento sulle schede ne fa il fulcro dello scontro sull’aborto.
La Florida è storicamente uno swing state di fondamentale importanza, uno di quegli Stati dove il voto può andare a democratici o repubblicani a seconda di tanti fattori; fu qui che nel 2000 Al Gore perse la Casa Bianca contro George W. Bush dopo un’accanita battaglia sul riconteggio dei voti.
La campagna del presidente Joe Biden ora ritiene che in Florida a novembre i democratici possano prevalere, e si prepara a una mobilitazione generale dell’elettorato, e soprattutto delle elettrici, proprio sul tema del diritto d’aborto.