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March 29, 2024
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Una forza di pace internazionale per Gaza: il piano USA per il post-guerra

Intanto la Corte dell'Aia ordina allo Stato ebraico di facilitare l'ingresso di aiuti umanitari

Paolo CordovabyPaolo Cordova

Northern Gaza displaced Palestinians from the Abu Nuqira family inspect their home after an Israeli air strike, in the Rafah refugee camp, southern Gaza Strip, 26 March 2024 ANSA/EPA/HAITHAM IMAD

Time: 2 mins read

Inviare a Gaza un contingente multinazionale di pace non appena sarà finita la guerra. Sarebbe questa la proposta – ancora in fase preliminare – avanzata dal Pentagono, che vedrebbe da parte degli Stati Uniti un mero ruolo di finanziamento e non già l’invio di soldati.

Secondo due funzionari del Dipartimento della Difesa e altre due fonti governative consultate da Politico, l’amministrazione Biden sta inoltre valutando di sostenere l’invio di forze di pace facenti capo all’esecutivo palestinese a Ramallah.

“Stiamo lavorando con i partner su vari scenari per la governance provvisoria e le strutture di sicurezza a Gaza una volta che la crisi si sarà ritirata”, ha affermato la fonte anonima.

Il Pentagono potrebbe poi contribuire, insieme ad altri Paesi, all’invio di fondi per la ricostruzione e il sostegno umanitario alla popolazione civile. Non è invece ancora chiaro chi fornirebbe l’addestramento e l’equipaggiamento per un’eventuale forza di pace guidata dall’Autorità Palestinese – che controllava direttamente la Striscia prima del colpo di mano di Hamas a metà degli anni 2000.

Le discussioni attuali sul futuro post-bellico della Striscia coinvolgono anzitutto il Dipartimento di Stato, il Pentagono, la Casa Bianca e gli alleati internazionali di Washington. Tuttavia, fa notare Politico, prima dell’attuazione di qualsiasi proposta potrebbero volerci settimane o mesi, dal momento che i principali attori regionali vogliono continuare a spingere per una più duratura soluzione a due Stati.

“Anche se abbiamo avuto conversazioni a margine con i partner regionali su ciò che sarebbero disposti a fare, contribuire, accettare, la cosa non ha ricevuto una seria considerazione da parte dei nostri partner israeliani”, ha aggiunto un funzionario, secondo cui lo Stato ebraico “non sta cercando di segnalare una fine perché non ha ancora raggiunto gli obiettivi che sta perseguendo” a Gaza.

Al contempo, il Pentagono sta lavorando per aumentare la quantità di aiuti umanitari diretti a Gaza e per garantire la sicurezza del molo proposto dall’esercito americano, fondamentale per realizzare un corridoio umanitario marittimo.

Proprio a tal proposito, nelle scorse ore è arrivato un altro duro colpo per Israele dopo la storica risoluzione del Consiglio di Sicurezza ONU per un cessate il fuoco a Gaza (con gli Stati Uniti che non hanno opposto il veto, pur astenendosi). Giovedì, infatti, la Corte internazionale di Giustizia ha ha ordinato allo Stato ebraico di espandere il numero dei valichi di terra verso Gaza, al fine di facilitare l’ingresso di un maggior numero di forniture umanitarie per i civili.

La Corte dell’Aia ha ordinato a Israele di adottare “tutte le misure necessarie ed efficaci per assicurare, senza ritardi” la fornitura di “servizi di base e assistenza umanitaria urgentemente necessari”, tra cui cibo, acqua, carburante e forniture mediche. Il tribunale ha infine ordinato a Israele di garantire immediatamente “che le sue forze armate non commettano atti che costituiscano una violazione dei diritti dei palestinesi di Gaza in quanto gruppo protetto dalla Convenzione sulla prevenzione e la punizione del crimine di genocidio”.

Il pronunciamento arriva nell’ambito di una causa intentata lo scorso dicembre dal Sudafrica, che ha accusato Israele di genocidio per aver provocato la morte di oltre 32.000 palestinesi, per lo più civili.

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