Parziale vittoria per Donald Trump, in una giornata campale per l’ex presidente impegnato nel tribunale di New York su due fronti per le sue vicende giudiziarie. Da una parte, il tycoon era in aula davanti al giudice Juan Merchan dove è stato deciso che il 15 aprile comincerà il processo in cui è accusato di aver pagato in nero la pornostar Stormy Daniels per non farle rivelare la relazione extraconiugale. Dall’altra, intanto, la Corte d’Appello di New York ha ridotto la sanzione per la truffa degli asset gonfiati e gli ha concesso altri 10 giorni di tempo per pagarla.
Come spesso succede nelle movimentate azioni giudiziarie dell’ex presidente le sue vicende in tribunale si sovrappongono e si intrecciano, con gli avvocati civilisti che lo difendono da un lato e quelli di diritto penale dall’altro. Al centro resta l’ex presidente che continua a ripetere che i procedimenti della magistratura sono interferenze elettorali, che la giustizia è un’arma usata dai democratici, che i giudici sono corrotti. Almeno quelli che emettono decisioni che a lui non piacciono.

I magistrati della Appellate Court hanno stabilito che Trump dovrà depositare entro 10 giorni 175 milioni di dollari, anziché i 464 che erano stati decisi dal giudice Arthur Engoron. Nei giorni scorsi gli avvocati di Trump avevano detto al magistrato che era impossibile per il loro cliente far fronte alla cifra richiesta, poichè oltre 30 compagnie assicurative si erano rifiutate di prestargli i soldi. Una ciambella di salvataggio all’ultimo momento perché gli vengono concessi dieci giorni di tempo in più e viene ridotta la cifra da depositare.
Una mossa in un certo senso non prevista dopo che l’ex presidente aveva ripetutamente postato sul suo sito web che era riuscito a mettere insieme i 464 milioni da depositare per presentare l’appello.
La decisione ha raggiunto Donald Trump che era in aula durante una pausa dell’udienza perché il giudice Juan Merchan, gli avvocati e i pubblici ministeri erano stati convocati dal magistrato nel suo ufficio.
Se la Appellate Court lo ha aiutato allungando i tempi e riducendo l’importo da versare, il giudice Merchan ha anticipato l’inizio del suo processo di circa 10 giorni. Nelle settimane scorse era stata chiesta la data del procedimento per il 25 aprile. Gli avvocati di Trump volevano più tempo. In questo processo la selezione dei giurati era prevista per oggi, ma prima i legali del tycoon e poi il procuratore distrettuale di Manhattan Alvin Bragg avevano chiesto lo slittamento dopo aver ricevuto settantamila pagine di nuovi documenti da parte degli inquirenti federali.

Resta un mistero il motivo per il quale questi documenti siano stati notificati alla procura Distrettuale solo pochi giorni prima che cominciasse il processo. Per anni i resoconti delle indagini federali, che erano un ramo dell’inchiesta avviata dal Procuratore Speciale Robert Muller sul Russiagate, non sono stati divulgati, nonostante le numerose richieste fatti dagli avvocati di Michael Cohen, l’ex legale e fixer di Trump. Poi, improvvisamente, a pochi giorni dalla data fissata per l’inizio del processo, sono stati depositati.
Secondo Cohen, l’ex presidente avrebbe degli amici all’interno del Dipartimento della Giustizia che lo aiutano a far slittare i suoi procedimenti giudiziari a dopo il Labor Day – normalmente i processi contro i candidati alle elezioni presidenziali vengono sospesi fino a dopo novembre. Accuse ripetutamente lanciate anche dal procuratore speciale del Dipartimento di Giustizia Jack Smith.
Dopo che il magistrato Marchan ha reso nota la data del processo, Trump ha annunciato che farà ricorso. Parlando con i giornalisti a fine udienza, l’ex presidente ha definito questa decisione una vergogna, “un chiaro caso di interferenza elettorale” e “intimidazione degli elettori”.
L’ufficio di Bragg ha comunicato che nella gigantesca quantità di documenti ci sono 172 pagine di dichiarazioni rese dai testimoni che sono marginalmente rilevanti per questo caso. Il procuratore federale del Southern District, che aveva avviato le indagini dopo le rivelazioni di Michael Cohen nella sua testimonianza prima a Robert Muller e poi alla Commissione Giustizia della Camera era Richard Donoghue. È stato nominato dall’allora ministro della Giustizia, William Session, e considerato uno stretto alleato dell’ex presidente. Ha lasciato la procura federale dopo che Biden è andato alla Casa Bianca. Fino alla settimana scorsa i documenti non sono saltati fuori e, pur essendo marginalmente importanti, se non fossero stati consegnati prima dell’inizio del processo i legali di Trump avrebbero avuto un argomento per presentare appello, nel caso in fosse stato condannato.
Difficile da capire cosa succederà nel groviglio di procedimenti giudiziari in cui è coinvolto l’ex presidente. Nessuno dei casi pendenti in Florida, Georgia e Washington è in calendario. È possibile che il processo per i soldi in nero a Stormy Daniels sia l’unico prima del voto di novembre.
A Washington, ad esempio, il caso di Trump con l’accusa di aver complottato per ribaltare i risultati elettorali del 2020 è sospeso in attesa della decisione della Corte Suprema che dovrà stabilire se un presidente sconfitto alle elezioni e che cerca di rovesciarne il risultato sia coperto dall’immunità presidenziale. La Corte Suprema esaminerà la vicenda il 25 aprile. Se la corte respingerà la richiesta, il processo potrebbe iniziare a fine estate. Se i giudici prenderanno tempo, il processo, se Trump non dovesse essere eletto, potrebbe iniziare a novembre.
Il giudice della Florida che supervisiona l’altro caso federale di Trump, in cui è stato accusato di aver portato via dalla Casa Bianca e nascosto dozzine di documenti riservati dopo aver lasciato l’incarico, non ha ancora deciso per la data del processo.
In Georgia, dove l’ex presidente è stato incriminato insieme ad altre 18 persone per aver cospirato per manomettere i risultati delle ultime elezioni presidenziali, si vocifera di voler iniziare il processo ad agosto. Ma la data non è stata ancora fissata.