Dramma alla Camera. Il disegno di legge di spesa federale da 1,2 trilioni di dollari, è stato approvato e ora è al vaglio del Senato, ma lo speaker della Camera rischia di perdere il posto.
Se il disegno di legge verrà approvato più tardi anche dal Senato, il 70% dei fondi sarà destinato alle spese per la difesa, il resto ai dipartimenti della Sicurezza nazionale, di Stato, Lavoro, e altre agenzie. Insieme alla legge da 459 miliardi di dollari approvata all’inizio del mese, la misura finanzierà il governo federale fino a settembre.
La proposta è passata con 286 voti favorevoli e 134 contrari. Più repubblicani hanno votato contro il disegno di legge di quelli che hanno votato in favore, ma il provvedimento ha superato la barriera dei due terzi e ora è all’esame del Senato.
Subito dopo il voto la deputata di estrema destra Marjorie Taylor Green ha presentato una mozione per togliere la fiducia allo speaker della Camera Mike Johnson.
The “Republican-controlled” House just passed a $1.2 trillion spending bill that doesn’t secure our border, but funds full term abortion and trans ideology on our youth.
I filed a Motion to Vacate because the House needs a Speaker who’s able to win for Republicans and our… pic.twitter.com/Ya9arl7G4v
— Rep. Marjorie Taylor Greene🇺🇸 (@RepMTG) March 22, 2024
Greene e altri conservatori legati a Trump erano contrari alla decisione di Johnson di approvare il disegno di legge per evitare lo shutdown del governo. Lo stesso era successo l’anno scorso con l’allora speaker Kevin McCarthy, la cui proposta di estrometterlo è stata innescata anche dal compromesso con i democratici per evitare la chiusura degli uffici federali.
La mozione di Greene non è privilegiata, il che significa che non è chiaro se e quando verrà portata in aula per il voto. La deputata repubblicana ha dichiarato ai giornalisti dopo il voto che aveva “avviato il processo” per l’elezione di un nuovo speaker.
Thomas Massie, che fa parte del gruppo del Freedom Caucus e che sostiene la mozione di Greene, ha detto che i repubblicani ora hanno il tempo per trovare un nuovo speaker. La decisione degli estremisti di togliere la fiducia al loro leader per la seconda volta in sette mesi evidenzia le profonde fratture all’interno dello stesso partito.
“Non ha spina dorsale, non ha leadership, è un fallimento totale da parte della dirigenza del partito. Non c’è altro modo per descriverlo”, ha detto il deputato repubblicano Chip Roy, ai microfoni di War Room, il podcast di Steve Bannon, definendo il disegno di legge appena approvato un “abominio”.
Il parlamentare repubblicano Mike Lawler, un moderato, ha descritto il tentativo della Taylor Greene come “pura follia”. Johnson ha la maggioranza solo per due voti.
Ora la Camera andrà in vacanza per due settimane, il tempo per capire se la mozione di sfiducia presentata da Marjorie Taylor Green è un fatto isolato o se riuscirà ad avere l’appogio di altri parlamentari.

L’approvazione della legislazione della spesa federale al Senato non è in dubbio: ha il sostegno del presidente Biden, del leader della maggioranza democratica al Senato Charles E. Schumer e del leader della minoranza repubblicana Mitch McConnell. Ma basta un solo senatore per creare ostacoli procedurali che spingono il governo oltre la scadenza e forzare un voto giorni dopo. In gioco c’è il repubblicano dello Utah, Mike Lee, uno dei fedelissimi di Trump, che ha detto di non essere molto convinto dal disegno di legge.
Le conseguenze di una breve chiusura sarebbero per lo più attenuate: molti lavoratori federali di agenzie non finanziate sarebbero comunque liberi per il fine settimana. Se lo shutdown federale dovesse durare più a lungo, più della metà dei dipendenti dell’IRS, l’ufficio delle tasse, si troverebbe ad affrontare un “congedo forzato” nel pieno della stagione delle dichiarazioni dei redditi. Gli agenti che prestano servizio alla frontiera e circa 1,3 milioni di militari in servizio attivo rimarrebbero al lavoro senza retribuzione. Lo stesso succederebbe agli addetti per la sicurezza dei trasporti, molti dei quali si sono messi in malattia in segno di protesta dopo che una precedente chiusura si era trascinata per settimane, provocando ritardi nei viaggi a livello nazionale.