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March 22, 2024
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March 22, 2024
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Per la guerra in Ucraina sono settimane decisive

Se Usa e Ue vogliono che la Russia vinca la guerra, continuino a non fornire le armi promesse

Luigi TroianibyLuigi Troiani
‘Esplosioni e feriti nella regione russa di Belgorod’

Ukrainian volunteers remove debris from the site of a damaged building a day after a missile strike, in Kyiv (Kiev), Ukraine. EPA/SERGEY DOLZHENKO

Time: 4 mins read

La resistenza ucraina  ha affrontato quattro fasi. Quella iniziale ha coinciso col blitz russo.

La seconda ha espresso la stagione dei successi ucraini: si è concretizzata tra fine marzo e inizio aprile 2022. L’aggressore fu rigettato verso il suo confine, restringendone la presenza nella fascia che inizia a nord del Donbass e termina tra Crimea e Odessa. Tra giugno e inizio ottobre 2022 quando l’esercito di Kyiv riprende territori intorno a Kharkiv e nell’area tra Mykolaiv e Kherson, l’occupante scende al 18% circa del territorio ucraino.

La terza fase si traduce in attriti di artiglieria, sino all’inizio dell’inverno 2023-2024 favorevoli soprattutto agli ucraini, e da marzo 2024 soprattutto ai russi. Si hanno operazioni di cielo (bombardieri e missili) dove predominano i russi, e di mare (sostanzialmente droni) dove predominano gli ucraini (colpiti più di 20 dei 74 mezzi nel mar Nero).

Nella seconda metà di marzo 2024 inizia la quarta fase, nella quale, almeno per alcune settimane,  potrebbe aver successo la controffensiva russa, perché gli ucraini, ottimi combattenti, stanno soffrendo quattro elementi di debolezza riguardo a:numero dei combattenti, dotazione di armi, morale, situazione di famiglie e strutture civili.

Zelensky, il 25 febbraio, ha fissato a 31.000 i suoi uccisi; funzionari statunitensi, nell’estate 2023, contavano, nel mezzo milione circa di effettivi, perdite per 70.000 morti e tra 100.000 e 120.000 feriti. Due giorni fa il ministro della Difesa russo Shoigu ha parlato di più di 71.000 morti ucraini da inizio anno. Benché sulle perdite russe circolino numeri di molto superiori (fonti ufficiali ucraine, il 18 marzo, hanno detto di 432.390 combattenti tra morti e invalidati, mentre la stima di metà dicembre dell’intelligence statunitense arrivava a 315.000, circa il 90% del contingente iniziale; per gli indipendenti Meduza e Statista, a fronte di 1.330.000 combattenti, la Russia avrebbe tra 66.000 e 88.000 morti), la verità è che l’armata di Putin può permettersi alte perdite senza che necessariamente ne soffrano morale e risultato. I dittatori non devono rendere conto a stampa e parlamento, né rifondere troppo le famiglie di chi muore. Inoltre a combattere per la Russia vanno molti stranieri mercenari, caucasici e detenuti (non solo russi!).

C’è poi lo squilibrio demografico tra i contendenti. La Russia conta 146 milioni di abitanti. L’Ucraina controllata da Kyiv, per via di guerre, migrazioni, deportazioni, variazioni territoriali è passata da 52 milioni del 1991 a 31 milioni circa odierni.  Stanno combattendo i cittadini con almeno 27 anni (o 25), il che secondo gli ottimisti significa che la situazione in termini di risorse umane regge, mentre per i pessimisti che la mobilitazione generale è  rinviata perché al momento non ci sono armi con le quali impiegare in battaglia gli arruolandi.

Questa è infatti la seconda debolezza, e  dipende dai comportamenti di Usa e Ue, che a parole sostengono  la guerra patriottica di Zelensky, e nei fatti stanno rischiando di mandarla alla malora. Tacito scrisse che mentre a Roma il senato discuteva se inviare i rinforzi richiesti per contrastare l’offensiva del cartaginese Annibale, in territorio ispanico Sagunto veniva espugnata. Mentre al senato statunitense si discute, mentre al Consiglio Europeo si tentenna, agli ucraini mancano armi e munizioni.

Ukrainian President Volodymyr Zelensky attends a press conference  in Istanbul, Turkey 8 March 2024. Ansa/EPA/TOLGA BOZOGLU

Fonti ufficiali di Kyiv hanno spiegato che a fine marzo i sistemi di difesa aerea non saranno più in condizione di difendere il territorio dagli attacchi russi né in prima linea né nelle retrovie. Nei mesi di forniture adeguate, gli ucraini distruggevano i 4/5 dei missili russi, adesso uno su cinque e la contraerea si trova nel dilemma drammatico se utilizzare i pochi proiettili di cui dispone per proteggere le comunità abitate dai civili o le installazioni militari, le caserme, le industrie di guerra: come si fa, dopo tante espressioni di solidarietà, a non rifornire Kyiv dei necessari Patriots?

In quanto ad artiglieria e proiettili, in questa fase il rapporto in proiettili sparati tra i contendenti è  5 a 1 per i russi, e in alcuni teatri si sale sino a 10 a 1. Agli ucraini servirebbero in media 75-90 mila proiettili d’artiglieria al mese, che salirebbero a 200-250 mila se si consentisse loro di andare alla controffensiva. Al momento ne sparano circa 2 mila al giorno, contro 10 mila dei russi.

L’Ue si è impegnata a consegnare per fine marzo 550mila proiettili da 155 mm, e Kyiv ne ha acquistati altri 350mila; da Washington nessun segnale di rilievo.

Ulteriore handicap: gli ucraini – economia povera – non hanno potuto riconvertire completamente le armi sovietiche in dotazione, quindi i proiettili in arrivo non saranno compatibili con tutti i loro obici.

La Russia ha perso 6.819 carri armati ma, impegnando l’8% del pil equivalente al 38% del bilancio pubblico nell’industria di guerra,  solo nel 2023  ha riattivato 1.200 tank e 2.500 blindati, riuscendo a produrre o modernizzare 200 carri al mese, 13.049 veicoli corazzati da combattimento, 14.191 veicoli e serbatoi di carburante, 10.698 sistemi di artiglieria, 1.017 sistemi di razzi a lancio multiplo, 721 sistemi di difesa aerea, 347 aerei, 325 elicotteri, 8.318 droni. Produce 250 mila proiettili al mese (e riceve da 1 a 3 milioni di pezzi da Nord Corea e Iran).

Gli ucraini non hanno la stessa potenza industriale, mancano di braccia, sono sotto il tiro di bombardamenti e artiglieria russi, non potendo neppure replicare, perché è stato loro imposto di non colpire il territorio nemico. Qualcuno spieghi come si possa non perdere una partita di calcio, se l’arbitro ti proibisce di superare la tua metà campo.

Le altre debolezze derivano dalle prime due: di fronte a distruzioni e morti civili immense, nell’impotenza di non poter combattere, il morale  scende rispetto ai primi giorni di resistenza, quando ben 200.000 ucraini rientrarono dalle migrazioni economiche per combattere.

Cosa aspettarsi? Il rilancio russo sui più di 1.000 km. di fronte, è ancora insignificante (in febbraio, ripresi 114 Kmq, pagati con 500 mezzi corazzati distrutti), e gli ucraini colpiscono in mar Nero e oltre confine.

Sembra tuttavia chiaro che gli invasori stiano intensificando in modo parossistico bombardamenti e lanci missilistici, come se facessero piazza pulita prima di scatenare una nuova grande offensiva. In tutta calma hanno fortificato, minato, alzato barriere anti-sfondamento come il treno dello zar (più di 2.000 carrozze su 30 km di binario), addestrato nuovi contingenti. Sono aiutati  da ordigni terrificanti.  È segnalata la bomba a grappolo Drel, bandita in più di cento paesi, pensata per distruggere veicoli corazzati, postazioni radar e sistemi anti-aerei. Ed è soprattutto confermato l’uso della bomba planante Fab-1500, 1,5 ton sganciate a 60-70 km dall’obiettivo da caccia, difficili da colpire a quella distanza: cratere all’impatto sino a 15 m. ed  elevato numero di morti e invalidati.

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Luigi Troiani

Luigi Troiani

Insegno Relazioni Internazionali e Storia e Politiche UE all’Angelicum di Roma. Coordino le ricerche e gli studi della Fondazione Bruno Buozzi. Tra i promotori di Aiae, Association of Italian American Educators, ho dato vita al suo “Programma Ponte” del quale sono stato per 15 anni direttore scientifico. Ho pubblicato saggi e libri in Italia, tra gli altri editori con Il Mulino e Franco Angeli, e in America con l’editore Forum Italicum a Stony Brook. Per la rivista Forum Italicum ho curato il numero monografico del maggio 2020, dedicato alla “letteratura italiana di ispirazione socialista”. Nel 2018 ho pubblicato, con l’Ornitorinco Edizioni, “Esperienze costituzionali in Europa e Stati Uniti” (a cura). Presso lo stesso editore sono in uscita, a mia firma, “La Diplomazia dell’Arroganza” e “Il cimento dell’armonizzazione”. La foto mi mostra nella maturità. Questa non sempre è indizio di saggezza. È però vero che l’accumulo di decenni di studi ed esperienze aiuta a capire e selezionare (S. J. Lec: “Per chi invecchia, le poche cose importanti diventano pochissime”), così da meglio cercare un mondo migliore (A. Einstein: “Un uomo invecchia quando in lui i rimpianti superano i sogni”).

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