Questa mattina Peter Navarro, ex consigliere commerciale di Donald Trump, è entrato nella prigione federale di Miami, in Florida per scontare una condanna di quattro mesi per oltraggio al Congresso.
Navarro, 74 anni, è stato dichiarato colpevole l’anno scorso dopo aver ignorato un mandato di comparizione da parte della commissione della Camera che indagava sulla rivolta del Campidoglio del 6 gennaio 2021.
È il primo funzionario dell’era Trump a essere incarcerato per oltraggio al Congresso ed è il primo dei più stretti collaboratori dell’ex presidente ad andare in prigione. L’ex consigliere della Casa Banca è entrato nel Federal Correctional Institution, la stessa in cui è stato detenuto per anni l’ex uomo forte di Panama, Manuel Noriega. Si tratta di una struttura di minima sicurezza. Oltre al carcere, Navarro è stato multato di 9.500 dollari.
Prima di costituirsi, sul marciapiede davanti all’ingresso dell’istituto di pena, Navarro, con accanto il suo avvocato, ha parlato con i giornalisti sostenendo che non aveva collaborato con la Commissione d’inchiesta della Camera perché l’ex presidente Donald Trump aveva invocato il privilegio esecutivo. “Quando entrerò in quella prigione – ha detto l’ex consigliere -, il sistema giudiziario avrà inferto un colpo devastante alla separazione costituzionale dei poteri e ai privilegi esecutivi”.
BREAKING.🚨
“If they can put me in prison, they can put you in prison.”
Peter Navarro explains why he is “pissed” and “afraid for this country” upon reporting to prison in Miamipic.twitter.com/dea121kuI6
— Kyle Becker (@kylenabecker) March 19, 2024
Navarro è rimasto fermo nel suo sostegno a Trump, ha attaccato le politiche del presidente Biden e ha esortato a votare per Trump alle elezioni di novembre. “Non sono nervoso”, ha detto Navarro “Ho ricevuto il massimo sostegno da Donald Trump e dal suo team”.
Navarro si è lamentato a lungo del Dipartimento di Giustizia. Ha ripetuto teorie cospirative infondate secondo cui l’attacco del 6 gennaio è stato istigato da agenti sotto copertura dell’FBI e dai democratici, accusando poi il Dipartimento di Giustizia di “perseguitare Donald Trump con le stesse tattiche, strumenti e strategie che hanno usato per mandarmi in carcere oggi”. L’ex presidente e i suoi alleati sostengono ripetutamente, senza fondamento, che il Dipartimento di Giustizia sia stato utilizzato come arma contro di loro.
Navarro ha giurato che, una volta emessa la sentenza, porterà nuovamente il suo caso davanti alla Corte Suprema, che, peraltro, ha già respinto la sua richiesta.
Navarro aveva chiesto di rimanere libero mentre i suoi avvocati presentavano l’appello. Ma la corte d’appello federale di Washington ha respinto la richiesta affermando che non c’erano i motivi giuridici per annullare la sua condanna e che il privilegio esecutivo non era applicabile. E lunedì anche il giudice capo della Corte Suprema John Roberts si è rifiutato di intervenire, affermando in un ordine scritto che la sua richiesta non aveva “alcuna base legale per non essere d’accordo” con quanto determinato dalla corte d’appello.
Here is the statement I issued after Justice John Roberts decided to reject my release pending appeal.
STATEMENT OF PETER NAVARRO RE: SCOTUS DECISION
Justice Roberts took care to note that his reason for denial was “distinct from [my] pending appeal on the merits.” That appeal…— Peter Navarro (@RealPNavarro) March 19, 2024
Navarro è stato il secondo aiutante di Trump condannato per oltraggio alle accuse del Congresso. Prima di lui, l’ex consigliere della Casa Bianca Steve Bannon aveva già ricevuto una condanna a sei mesi di prigione e 200 mila dollari di multa, ma un altro giudice gli ha permesso di rimanere libero in attesa dell’appello. Nel corso del processo i procuratori hanno detto che Bannon, nonostante la condanna, “continua a portare avanti una strategia di malafede, sfida e oltraggio, rifiutandosi di collaborare con la giustizia e continuando a diffondere nei suoi programmi radiofonici le falsità sulle elezioni”.
In un libro di memorie del 2021, intitolato In Trump Time, Navarro ha affermato di aver fatto parte del gruppo che aveva preparato la strategia per contestare i risultati delle elezioni del 2020 dopo che Trump era stato sconfitto da Joe Biden. Il piano prevedeva che, il 6 gennaio 2021, i parlamentari repubblicani al Congresso ritardassero la certificazione della vittoria elettorale di Biden per dare spazio a Donald Trump di invocare leggi speciali e bloccare il passaggio di poteri.
La commissione della Camera ha osservato che le accuse di frode elettorale di Navarro erano state ripetutamente ritenute infondate da funzionari statali, dal ministro della Giustizia, dalla magistratura e che il privilegio esecutivo, per un presidente non più in carica, non poteva essere invocato.
Il Congresso aveva votato a favore del deferimento al Dipartimento di giustizia anche per Dan Scavino, uno dei fedelissimi dell’ex presidente, con Trump fin dalla campagna elettorale che si era rifiutato di testimoniare davanti alla Commissione d’Inchiesta. Scavino si occupava principalmente della gestione dei social media e secondo la Commissione era una figura chiave per ricostruire i giorni precedenti l’assalto al Congresso. Ma dopo le iniziali riluttanze Scavino ha accettato di collaborare con lo special counselor Jack Smith e per questo non è stato deferito all’autorità giudiziaria.